(Archivio Assagioli – Firenze)
Dott. Roberto Assagioli
La memoria è una proprietà fondamentale della materia organica, cioè della sostanza di ogni essere vivente. Ogni sensazione e ogni impressione modificano tale sostanza viva, lasciano in essa una traccia indelebile, e la dispongono a reagire in un dato modo. Questo spiega molti fatti biologici e psicologici; ad esempio l’immunizzazione e l’anafilassi si possono considerare in un certo senso come fatti di “memoria organica”.
Le abitudini – tanto importanti nella nostra vita, spesso utili e anche necessarie, ma talvolta anche insidiose e nocive – sono una forma di memoria. Un’abitudine può essere considerata come una traccia mnemonica, divenuta – in seguito a numerose ripetizioni – così ampia e così profonda da costituire un canale in cui scorrono agevolmente le energie nervose e psichiche.
L’importanza della memoria organica è stata messa in rilievo soprattutto dal Semon con la sua teoria del meme, che è stata poi ripresa e sviluppata dal Torel e dal nostro Rignano.
Ma le tracce mnemoniche, i ricordi, non sono sempre presenti alla nostra coscienza, essi si trovano abitualmente fuori di essa. Dove? Qual è la loro sede? Nella sostanza cerebrale organica? Oppure in qualche zona della nostra psiche di cui non abbiamo consapevolezza diretta? Questo solleva l’ardua questione dei rapporti fra psiche e corpo, fra spirito e materia: ma non è il caso di discuterla ora.
In sede psicologica e per gli scopi pratici possiamo considerare i ricordi come fatti psichici che, come tali, devono fare parte del nostro essere psicologico, della nostra personalità, costituendo un bagaglio che in massima parte è inconscio. Si può dire dunque che le impressioni mnemoniche, i ricordi, sono conservati nell’inconscio e di lì affiorano nella coscienza quando li evochiamo.
Nella funzione della memoria, considerata nel suo insieme, bisogna distinguere quattro fasi:
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L’impressione prodotta da uno stimolo, cioè la formazione della “traccia mnemonica”.
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La sua assimilazione nell’inconscio. Formazione di correlazioni, di associazioni con altri fatti psichici.
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La sua rievocazione.
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Il suo riconoscimento e la sua localizzazione nel tempo.
Per bene educare la memoria dobbiamo occuparci soprattutto delle prime tre di queste fasi.
I. – IMPRESSIONE
L’analogia con la fotografia può aiutare a comprendere meglio quali sono le condizioni per avere una traccia netta, profonda e duratura. Per ottenere una negativa nitida e vigorosa occorre:
1° – Che l’immagine da riprodurre venga messa bene a fuoco.
2° – Che sia bene illuminata.
3° – Che l’esposizione sia sufficientemente lunga in rapporto alla luce; quanto più tenue è la luce, tanto più lunga deve essere l’esposizione.
Ad esempio, mentre un oggetto illuminato dal sole può venire fotografato da una buona macchina con l’esposizione di un solo millesimo di secondo, per ottenere l’immagine fotografica di una stella occorre tenere la lastra esposta al suo debole raggio per qualche ora. Lo stesso avviene per la memoria. La luce corrisponde all’intensità delle emozioni e dell’interesse vitale connessi con l’oggetto o con il fatto che ci sta dinanzi. Così una scena che ci tocchi, che ci scuota profondamente (ad esempio in cui un pericolo minaccia noi o una persona cara) si imprime indelebilmente con tutti i suoi particolari nella nostra mente, anche se si è svolta in modo fulmineo. Invece per fissare in noi delle emozioni teoriche, fredde e poco interessanti in sé stesse, occorre prestare ad esse attenzione per un tempo abbastanza lungo, e spesso ripetere parecchie volte l’esposizione.
Ecco quindi una prima serie di regole pratiche. Per ricordare bene i fatti che non presentino per noi un interesse vivo e spontaneo, occorre:
1° – Che li osserviamo bene, concentrando su di essi la nostra attenzione, così da averne l’immagine ben definita e completa. Ciò corrisponde alla “messa a fuoco” della mente. Invece di solito osserviamo poco e male, e ci sfuggono anche elementi importanti.
2° – Che prolunghiamo quell’osservazione per tutto il tempo necessario. Ciò corrisponde all’esposizione della lastra sensibile della nostra psiche, del nostro inconscio plastico.
Questa concentrazione e questa osservazione prolungata richiedono un atto di volontà. Occorre quindi possedere una volontà sufficientemente forte. D’altra parte questo sforzo e questo allenamento mentale costituiscono a loro volta dei buoni esercizi di volontà, e quindi aiutano a rafforzarla.
3° – Quando l’oggetto sia troppo grande o complesso, e non si possegga un potere di concentrazione sufficiente, come nel caso dei bambini in cui l’attenzione volontaria è assai labile, si può sostituire opportunamente l’osservazione ripetuta all’osservazione prolungata.
Immensa è l’efficacia della ripetizione, perciò non dobbiamo esitare ad usarla instancabilmente quando si desideri ottenere risultati intensi, profondi e duraturi. Non si creda che la ripetizione – se fatta in modo opportuno – riesca sgradita o incresciosa. Ce lo dimostrano i bambini, che chiedono che vengano raccontate loro sempre e di nuovo le favole preferite.
Essi poi, quando siano lasciati liberi nell’apprendere, ripetono con gioia decine di volte lo stesso atto o esercizio. Tale osservazione fatta dalla Montessori ha costituito il punto di partenza del suo metodo. Altre ripetizioni desiderate e gradite sono i ritornelli delle canzoni e la ripresa, anche insistente, di motivi nei pezzi musicali (ad esempio il Bolero di Ravel).
L’efficacia delle ripetizioni è ben illustrata dal fatto che “Gutta cavat lapidem, non vi, sed saepe cadendo” (la goccia scava la pietra non con la forza, ma cadendo spesso).
Il Buddha, ben consapevole di tale efficacia, ha usato nei suoi discorsi il metodo della ripetizione in una misura che a noi può sembrare eccessiva, ma che ha certo un potente effetto persuasivo sui suoi ascoltatori, come ha dimostrato il successo della sua predicazione, che gli ha recato migliaia di discepoli e di seguaci.
Soprattutto nella vita moderna – in cui si accavallano tante impressioni – bisogna ripetere instancabilmente ciò che si vuole che penetri e che si imprima in noi e negli altri. Ma affinché le ripetizioni riescano più efficaci, è bene ripetere in modo “vivo”, non freddo e meccanico.
Perciò, non ripetere sempre letteralmente, ma fare variazioni sullo stesso tema (Beethoven). Ripetere con collegamenti nuovi. Ripetere ad intervalli ciclici.
4° – Memoria e stato fisico. Per ben ricordare occorre che l’impressione venga fatta quando il sistema nervoso e la psiche sono riposati, “freschi”. Perciò si consigliano riposi frequenti anche brevissimi. Il prof. Watt nel suo libretto The Economy and Training of Memory (che contiene buoni dati, ma che è assai incompleto) dice che sono utili pause anche solo di alcuni secondi. Durante le brevi pause è utile fare anche qualche movimento ginnico e qualche respirazione profonda davanti a una finestra aperta.
5° – Un metodo molto efficace è quello di studiare la sera per ultima cosa prima di addormentarsi. Esso è basato su altre leggi della vita psichica:
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Affioramento dell’inconscio e sua grande permeabilità nello stato che precede il sonno.
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Assenza di altre impressioni e interessi.
Sono stati fatti perfino esperimenti d’insegnamento durante il sonno. Quelli fatti dall’Accademia Militare di West Point sembra abbiano dato ottimi risultati. Andrebbero ripetuti.
6° – Come abbiamo accennato, occorre mettere “bene in luce” ciò che si vuole ricordare e fare ricordare. Perciò occorre suscitare l’interesse vitale; evocare emozioni basate sugli istinti, le passioni e i sentimenti più vivi; colpire l’immaginazione. Risvegliare la curiosità, gli istinti combattivi e competitivi, l’amor proprio. Promuovere gare anche con sé stessi, incitare a battere dei record, offrire premi, ecc.
7° – Inoltre fare uso della comicità, dello humour, del senso estetico (fascino del bello), del ritmo (chimica in versi di A. Cavaliere).
8° – Imitazione. Suggestione inconscia dell’ambiente. Vivere ove si fa quello che si vuole apprendere. Ciò vale in modo particolare per l’apprendimento delle lingue (vedi: Come si imparano le lingue con l’inconscio).
9° – È opportuno eliminare il più possibile tutto ciò che ostacola la formazione delle “impressioni”. I principali fra questi ostacoli sono:
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Altre impressioni più vive, concomitanti e immediatamente successive.
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Stati d’animo spiacevoli
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antipatia per l’argomento
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antipatia per l’insegnante
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noia (in questo peccano gravemente i metodi scolastici consueti).
II. – ASSIMILAZIONE – CONNESSIONE – ASSOCIAZIONE E SISTEMAZIONE DELLE NOZIONI
Percezione di vario ordine: visive – uditive – motorie.
Preferire quelle corrispondenti al nostro tipo, ma non esclusivamente (questo punto è ben sviluppato da William James in Gli ideali della vita, p. 206).
Nello studio individuale, vi è un procedimento che posso raccomandare per esperienza: studiare lo stesso tema su due o tre testi diversi, le differenze aiutano ad imprimere e a collegare.
Inoltre: leggere ad alta voce – sentire esporre e leggere da altri – segnare per iscritto (appunti); esporre a voce.
Insegnare ad altri per imparare è efficacissimo.
FARE ED ESEGUIRE. Importanza delle “immagini” motorie, delle sensazioni muscolari. È opportuno “incarnare” le idee e le nozioni, ed evitare l’astrattismo, l’intellettualismo e la cultura esclusivamente “libresca”.
Sulla creazione di particolari “legami associativi” si basano i metodi di mnemotecnica. Uno dei più usati è quello di sostituire i numeri che si desiderano ricordare con lettere, secondo un certo “ordine”, e di formare poi con queste date parole che collegano ciò che a cui le date si riferiscono. Ad esempio: in un dato “codice” lo zero corrisponde alla esse e il nove alla pi; questo per ricordare che C. Darwin è nato nel 1809, con lettere corrispondenti alle due ultime cifre della data si forma la parola specie, che ricorda C. Darwin, autore de L’origine delle specie.
Un altro artificio è quello di formare degli acrostici. Ad esempio:
Mar-ma-lu-ott: per ricordare i mesi nei quali nel calendario romano le Idi sono spostate. Aepi: che indica la disposizione dei legamenti crociati dell’articolazione del ginocchio (l’anteriore è esterno, il posteriore è interno). Il noto verso “ma con gran pena le reca giù” che aiuta a ricordare i nomi e le successione delle Alpi: Marittime – Cozie – Graie – Pennine – Lepontine – Retiche – Carniche – Giulie.
Questi metodi servono soprattutto per ricordare date, nomenclature e altre cose aride, e hanno applicazioni illimitate. Chi desideri conoscerli può consultare Plebani, L’arte della memoria (Milano, ed. Hoepli).
ROBERTO ASSAGIOLI