(Archivio Assagioli – Firenze)
Dott. Roberto Assagioli
L’apprendere un fatto nuovo, imprevisto e inatteso, provoca una specie di “urto psichico” che si manifesta soggettivamente con quello stato d’animo che si suole chiamare meraviglia o sorpresa. Subito dopo avviene una “reazione emotiva”, che esercita un influsso grande, anzi spesso decisivo sui giudizi e sugli apprezzamenti che vengono fatti in seguito sulla novità appresa.
Questa reazione può essere di due specie: piacevole o penosa. La prima porta ad una pronta accettazione, ad una valutazione favorevole della novità; la seconda invece alla critica, al disprezzo e al rifiuto di essa. Talvolta entrambe le reazioni si alternano rapidamente nell’animo, provocando uno stato di conflitto e di dubbio.
La tendenza generale a reagire nel primo modo è stata chiamata neofilia; quella a reagire nel secondo, misoneismo.
L’analisi di tali tendenze è meno facile di quanto sembri a prima vista, e fa sorgere interessanti problemi psicologici. Ad esempio, si presenta subito la domanda: queste due tendenze sono veramente specifiche e – almeno talvolta – irriducibili, o non sono piuttosto in ogni caso la risultante di altre tendenze? In altre parole, esistono una neofilia e un misoneismo primitivi, puri, non determinati da altri desideri, interessi, sentimenti, ecc.?
La risposta non è facile; bisogna essere molto cauti nell’affermare che questa o quella tendenza siano innate e irreducibili; infatti è assai difficile escludere che esse possano venir determinate da altre tendenze inavvertite o inconsce. D’altra parte però, non bisogna credere troppo facilmente di aver scoperto la ‘causa’ o l’origine di questo o di quel fatto psichico. Tale questione si connette con quella delle possibili “trasformazioni” dei fatti psichici e delle loro influenze reciproche, ed è quindi, come ben si vede, complessa.
Riguardo alla neofilia – senza volerne affermare o negare recisamente la primitività – mi limiterò a dire che essa in non pochi casi sembra veramente spontanea e genuina. Certe persone sono attirate da tutto quello che è nuovo, strano e meraviglioso, senza che ciò soddisfi alcun loro speciale interesse pratico o teorico, alcun loro desiderio determinato.
Tale neofilia potrebbe essere l’espressione di un’insoddisfazione della vita e della realtà ordinaria; ma se ciò può essere vero in alcuni casi, non è provato che lo sia in tutti.
Per il misoneismo, invece, la questione si risolve più facilmente, perché un misoneismo “primitivo” o non esiste, o è rarissimo. Generalmente non è difficile scoprire la molla che fa saltar fuori questo diavoletto, che – come il Mefistofele di Goethe – “nega sempre”.
La molla più potente del misoneismo – a mio parere – è una tendenza generale e veramente fondamentale, non soltanto psicologica, ma anche biologica: cioè la tendenza a mantenere l’equilibrio esistente in un dato momento, e quindi a rispondere con reazioni di difesa contro tutto ciò che minaccia di turbare tale equilibrio.1
Infatti le novità di solito disturbano l’equilibrio psichico preesistente. Spesso, almeno a tutta prima, non si vede come il fatto nuovo possa accordarsi con le conoscenze (o le opinioni) precedenti; si teme, più o meno giustamente, che occorra un difficile e faticoso riassestamento del proprio patrimonio mentale, ecc.
A questa minaccia di turbamento dell’equilibrio psichico seguono quindi una reazione emotiva ostile all’elemento perturbatore e una serie di atteggiamenti e di azioni di difesa contro di esso. La novità viene messa in dubbio, respinta e negata, e chi la sostiene viene deriso o disprezzato, e con poca fatica l’equilibrio è salvo.2
La tendenza generale al mantenimento dell’equilibrio biologico e psichico, or ora accertata, comprende poi in sé le tendenze al “minimo sforzo” e all’“economia del pensiero”, che filosofi e psicologi hanno messo in evidenza in molte attività umane. Ad esempio la tendenza all’economia del pensiero è assai forte nell’attività scientifica, tanto che qualche scienziato, invero non senza esagerazione, ha sostenuto che essa ne costituisce il movente più caratteristico.
Queste tendenze sono dunque certamente naturali e normali e hanno funzioni assai utili. Se però, come avviene assai spesso, hanno un’intensità eccessiva e non vengono controbilanciate da altre (neofilia, curiosità, interessi vari teorici o pratici), danno origine al misoneismo. Ma in questi casi, più che di “economia”, si dovrebbe parlare di “avarizia” del pensiero e di pigrizia mentale.
Le tendenze di cui abbiamo parlato si possono considerare – a mio parere – come le vere cause del misoneismo; ma la loro azione viene spesso intensificata ed esagerata da molti altri coefficienti. Ne ricorderò solo alcuni fra i principali.
Vi è anzitutto il “principio di autorità”, il quale – benché teoricamente bandito dalla coscienza – non è certo ancora scomparso dalle “scuole” scientifiche, e costituisce non di rado un grave ostacolo all’ammissione di nuove verità.
Vi è poi l’influenza dell’età. Se è vero che parecchi fra i migliori scienziati hanno saputo conservare anche da vecchi uno spirito giovanile e aperto, è innegabile che in generale con l’avanzare dell’età si afferma sempre più la tendenza alla conservazione dell’equilibrio, diminuisce la plasticità e cresce quindi il misoneismo.
Un altro elemento che, per quanto meno direttamente, contribuisce in modo notevole ad ostacolare l’accettazione delle novità, è l’errore di confondere l’opinione con i fatti. Spesso si respinge una nuova verità perché si crede che essa sia in contrasto con i fatti precedentemente noti, mentre essa contraddice solo le convinzioni, le dottrine che noi abbiamo tratto da quei fatti e che, erroneamente, ci sembrano fare tutt’uno con essi.
Il misoneismo viene anche favorito dalla paura del “ridicolo”. È sorprendente l’intensità che questa paura assume, soprattutto in persone pur intelligenti e anche coraggiose sotto certi rispetti, ma gelose della loro reputazione sociale o scientifica. L’idea di essere ingannati, di “esserci cascati”, fa loro dubitare delle testimonianze più sicure dei sensi, fa loro respingere le prove più salde.
Ricorderò infine il senso di dispetto e di invidia che suscitano le scoperte… degli altri, specie in coloro che si sono occupati degli stessi problemi con minor fortuna e capacità.
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Dato che il misoneismo deriva da tendenze fondamentali ed è favorito da tanti altri fattori, riesce facile comprendere come esso sia frequente e intenso.
La storia delle scienze ce ne offre numerosi esempi. Basti ricordare il sistematico misoneismo che, dal Medio Evo fino ai tempi del Galilei, era diffuso fra tutti i dotti, per i quali le opinioni di Aristotele costituivano le colonne d’Ercole del sapere umano; misoneismo che culminò nel ridicolo rifiuto del Cremonini a guardare i satelliti di Giove attraverso il cannocchiale portogli dal Galilei.
E non si creda che i progressi della scienza moderna e l’affinarsi dei suoi metodi abbiano fatto sparire o diminuire molto il misoneismo fra gli scienziati. L’atteggiamento preso da non pochi di essi riguardo ai fenomeni parapsicologici lo dimostra chiaramente. Ne citerò qualche esempio, riguardante i cosiddetti “cavalli pensanti” di Elberfeld, che ho avuto occasione di osservare insieme col Prof. William MacKenzie nel 1913. Si noti che non sollevo la questione se il Krall – “educatore” di quei cavalli – e altri siano riusciti a dimostrare che vi fosse in essi una vera e propria attività ragionativa, e non considero misoneismi quelli che hanno espresso dubbi sull’interpretazione e sulla portata dei fatti osservati, ma lo sono certamente coloro che li hanno negati e derisi… senza averli visti…
Presento dapprima un bell’esemplare del “misoneista rabbioso”. È il signor H. Dexler, professore di veterinaria all’Università di Praga. Appena pubblicato il volume del Krall Denkende Tiere, il focoso professore scrisse: “Secondo me il libro del Krall mostra solo che la letteratura di infimo ordine (Schundliteratur) ha ancora troppo libero corso in Germania. Questo libro costituisce una brutta macchia nella letteratura contemporanea. Sorto nell’atmosfera della ciarlataneria e dell’illusione, esso è un monumento consacrato al culto della stupidaggine”.3
Ma più interessante del misoneismo fegatoso del Dexler è il misoneismo presuntuoso e ingenuo del Prof. Brahn. Questi ha scritto un articolo a proposito dei cavalli pensanti in cui prende le cose molto dall’alto, come risulta già dal titolo: “L’arte di osservare e le sue difficoltà”, e in cui vuol dare una lezione di metodologia scientifica. Questo articolo contiene il seguente brano:
“Non ho bisogno di descrivere quale stato d’animo (Stimmung) sorga in ogni persona, che sia versata nelle scienze naturali e nella psicologia, di fronte a simili fenomeni. Si tratta infatti solo di una miscela densa (kompakte) di rifiuto, di diffidenza e di riso”.4
Sarebbe difficile descrivere più efficacemente, se non più elegantemente, l’attitudine misoneistica! Come può fare la verità ad entrare in teste piene di quella “miscela compatta di rifiuto, di diffidenza e di riso?”
Prima di finire credo utile accennare alle differenze esistenti fra misoneisti e scettici, perché non di rado vengono confusi gli uni con gli altri.
Gli scettici sono naturalmente increduli verso le novità, ma non necessariamente misoneisti. Di fronte all’entusiasmo e alle insistenze dei neofili e dei fanatici, molti scettici sorridono più o meno benevolmente; altri, dotati di un temperamento più scettico, deridono o si arrabbiano; questi soli diventano misoneisti. D’altra parte, molti misoneisti vengono facilmente ritenuti scettici, mentre essi lo sono solo rispetto alle odiate novità; invece possono accettare senza discussione dogmi religiosi o filosofici, possono essere attaccati a vieti pregiudizi, e avere una credulità fanciullesca per ciò che è conforme ai loro desideri.
Anche da queste brevi considerazioni mi sembra risulti chiaro che il misoneismo è una tendenza generale e fortissima dell’animo umano, e che la scienza moderna – lungi dall’averlo vinto – ne è non di rado dominata. Le sue manifestazioni esterne sono diventate meno violente, ma la tendenza fondamentale non è mutata. Come ha detto riguardo ai “cavalli pensanti” il Claparède: “Sotto un aspetto più civile l’uomo è rimasto lo stesso. Una volta si bruciavano gli eretici, ora si protesta contro i loro atti. Oggettivamente l’azione è molto diversa, ma psicologicamente la reazione è la stessa; una protesta per eresia scientifica è l’equivalente moderno del rogo”.5
Ora non si bruciano più gli “eretici”, né si mettono in prigione, ma si deridono, si calunniano e si insultano; si cerca di intralciare in ogni modo la loro attività e di impedire la diffusione delle loro scoperte; insomma, si cerca di “ucciderli” moralmente.
Il misoneismo costituisce un grave ostacolo al progresso della scienza e della civiltà, e tutti coloro ai quali tale progresso sta a cuore dovrebbero combatterlo energicamente ogni qualvolta se ne presenti l’occasione.
Roberto Assagioli
1 Uso qui la parola “equilibrio” in senso ampio; non alludo cioè con essa all’equilibrio statico e immobile degli oggetti inanimati, bensì a quello dinamico della coordinazione, della “regolazione” delle energie per il mantenimento della vita. (vedi A. Wagner, La psicobiologia come scienza, in Psiche, 1913, pp. 17-25-27 ecc.).
2 Vi è poi un mezzo ancora più comodo per liberarsi da una novità molesta, mezzo che si suole usare spesso più o meno consapevolmente: è quello di “non occuparsene”, di “dimenticarla”. Ma questo procedimento misoneistico – fondato sulla tendenza generale a reprimere nell’inconscio i ricordi spiacevoli – ha richiamato l’attenzione, fra altri, di G. Darwin. Egli racconta nella sua biografia che si era accorto di dimenticare con speciale facilità i fatti che non concordavano con le sue teorie, e che perciò si era deciso a segnarli appena li apprendeva.
3Berliner Tageblatt, 24 marzo 1912. Si confrontino queste parole con i giudizi espressi sul libro del Krall e da H.E. Ziegler. Il primo ha scritto: “L’opera del Krall probabilmente segnerà l’inizio di un nuovo capitolo nella dottrina della nuova posizione dell’uomo nella natura, come ha fatto, a suo tempo, l’opera principale di Darwin” – e il secondo: “L’opera del Krall è ciò che di più importante è apparso da secoli nel campo della zoopsicologia”.
4 Max Brahn, Die Kunst der Beobachtung und ihre Schwierigkeit. Ein Beitrag zu den denkenden Pferden, in Natur. Zeitschrift der deutschen naturwissenschaftlichen Gesellschaft, III, n. 21, pag. 433.
5Psyche, II, 1953, p. 373