Progetto di ricerca
“Utilizzo delle terapie complementari e alternative in oncologia”
Studio sugli aspetti epidemiologici e psicologici dell’utilizzo delle terapie complementari e alternative da parte dei pazienti oncologici in Toscana
Andrea Bonacchi *, **, Alessandro Toccafondi, Alessandra Rossi, Guido Miccinesi **, Massimo Rosselli *
* Università degli studi di Firenze, Dipartimento di Medicina Interna, Clinica Medica seconda, Servizio di
Psicosomatica
**Istituto per lo Studio e la Prevenzione Oncologica (ISPO)
Premessa
Il National Center for Complementary and Alternative Medicine ha definito le terapie alternative e complementari (CAM) come “l’insieme delle cure mediche, delle metodiche pratiche e dei prodotti che non fanno parte della medicina convenzionale”1.
L’universo delle medicine non ufficiali è molto vasto e ad oggi se ne contano più di 600 forme diverse. Benché accomunate dal fatto di discostarsi ed in alcuni casi assumere un atteggiamento di opposizione verso la medicina ufficiale, all’interno della categoria CAM vi sono terapie fondate su principi terapeutici anche molto diversi tra loro
Un utile punto di partenza per definire il campo delle medicine non ufficiali è la distinzione proposta da Cassileth e poi sostenuta dal National Institute of Health, fra terapie alternative e terapie complementari in campo oncologico2.
Nella prima categoria rientra qualsiasi terapia che, sebbene non riconosciuta, viene prescritta come trattamento o cura per il tumore ed usata in alternativa alle terapie raccomandate dall’oncologia clinica. Ne sono esempi le terapie metaboliche, quelle basate su particolari diete, multivitaminici o cartilagine di squalo.
Un interessante osservazione per questo tipo di terapie è stata proposta da Vickers che ne suggerisce la suddivisione in “non approvate”, (unproven) per quei trattamenti che non si sono mai sottoposti a trial clinici controllati volti a valutarne l’efficacia, e “disapprovate”, (disproven) che invece sono state oggetto di studi scientifici che non ne hanno dimostrato il valore terapeutico. E’ importante, a riguardo, che il medico sia a conoscenza delle terapie “disapprovate” per informare adeguatamente il paziente3.
Per terapie complementari si intendono invece quei trattamenti che affiancano le tradizionali cure oncologiche e che sono in genere utilizzate al fine di alleviare determinati sintomi o migliorare la qualità della vita del paziente; questa categoria è molto ampia e vi si possono includere dalle pratiche spirituali, alle terapie fisiche fino alla psicoterapia.
La diffusione delle CAM ha visto una crescita continua negli ultimi decenni; da una ricerca condotta nel 1993 sulla popolazione degli Stati Uniti che coinvolgeva 1539 soggetti, si evince che almeno un terzo della popolazione dichiarava di aver utilizzato terapie non riconosciute negli ultimi 12 mesi4. L’aumento della popolarità di tali terapie si può osservare dai risultati di un’ampia ricerca condotta da Eisenberg che ha valutato il trend dell’uso di CAM dal 1990 al 1997 negli USA registrandone un significativo aumento: dal 33,8% al 42%5.
Le terapie più utilizzate dalla popolazione generale risultavano essere: omeopatia, fitoterapia, multivitaminici, massaggi.
Un ulteriore dato da non sottovalutare che emerge dalla ricerca di Eisenberg è relativo alla spesa complessiva per le terapie non convenzionali che si aggirava nel 1997 intorno ai 32,7 bilioni di dollari.
Per quel che concerne l’uso delle CAM da parte dei pazienti oncologici molti studi osservazionali condotti alla fine degli anni ’90 hanno rilevato come l’uso di terapie non convenzionali è più diffuso tra tali pazienti rispetto a quelli affetti da altre patologie6.
Una rassegna del 1998 compiuta su 26 ricerche (condotte in 13 diversi paesi) che prendevano in esame la percentuale di soggetti adulti con cancro che facevano uso di CAM, ha rilevato una prevalenza compresa tra il 7 e il 64% ( valore medio 31,4%)7. Le terapie più usate erano quelle a base di erbe, multivitaminici, dietoterapia, omeopatia, meditazione e pratiche spirituali.
L’ampia variabilità delle percentuali riportate dalle ricerche deriva, secondo l’autore, dal fatto che i diversi studi sull’argomento non partono da una definizione precisa e condivisa delle CAM, questa è nella maggior parte dei casi molto generale per cui ogni ricerca basa lo studio su terapie o pratiche alternative/complementari diverse, fino ad includervi “tutte le pratiche seguite dal soggetto fuori dall’ospedale”: counseling, psicoterapia, meditazione, gruppi di auto-aiuto e molte altre attività che non sempre soddisfano i criteri per essere considerate CAM; ciò pone dei limiti per definire la reale espansione del fenomeno
Sono inoltre pochi gli studi che effettuano l’indagine partendo dalla distinzione tra terapie alternative e complementari.
Da ciò risulta quindi che nel 34,1% delle persone che dichiarano di far ricorso a trattamenti non ufficiali vi sono pazienti che intraprendono percorsi terapeutici molto diversi: soggetti che hanno optato per terapie alternative molto spesso in contrasto con le linee terapeutiche dell’oncologia tradizionale; altri che ricorrono ad approcci psicologici di vario genere per affrontare determinate dinamiche emotive o migliorare la qualità di vita; persone che seguono pratiche fisiche per ridurre sintomi; etc.
Il tipo di pratica alternativa/complementare seguita dal paziente è inoltre associato a diverse percentuali di abbandono delle terapie tradizionali: se infatti tra i soggetti che seguono pratiche spirituali il 91% di questi continua il trattamento oncologico tradizionale, tra le persone che scelgono terapie alternative basate su prodotti multivitaminici/erboristici o terapie fisiche rispettivamente il 33,4 e il 33,1% di essi non inizia o abbandona le terapie ufficiali8.
Un ulteriore aspetto da tener presente è che tali ricerche sono basate unicamente su pazienti che afferiscono a strutture ospedaliere; non vi sono cioè dati sistematici circa il numero di persone che ricorrono esclusivamente a terapie alternative rifiutando, fin dall’esordio del tumore o dopo un periodo di trattamento, le terapie tradizionali.
La complessità nel reperimento di tali soggetti rende pertanto ogni stima sulla percentuale di pazienti oncologici che fa uso CAM in difetto.
Per quel che concerne la fonte la maggior parte delle persone dichiara di aver ricevuto informazioni sulle medicine alternative dal medico (intorno al 50%), il 34% dai media, il 17% da parenti e amici e il 10% da altri pazienti9.
Alcune ricerche però mettono in evidenza come almeno il 50% dei pazienti non riferisce al proprio medico l’utilizzo di CAM; questo è un aspetto importante da considerare in quanto molti rimedi alternativi possono interagire con le sostanze chemioterapiche alterandone i meccanismi di azione, il metabolismo, l’assorbimento o l’eliminazione; aumentandone la tossicità o in alcuni casi compromettendone l’efficacia1. E’ quindi indispensabile che il medico affronti col paziente la questione dei rimedi alternativi, informandosi sul suo eventuale utilizzo o il desiderio di farlo.
Contrariamente a quanto ci si possa aspettare la maggior parte degli studi non indica come elemento predittivo per l’uso di CAM la disaffezione verso le medicine tradizionali o un atteggiamento di sfiducia verso il medico; l’immagine “tipo” che risulta dalle ricerche che valutano le caratteristiche dei soggetti che (a prescindere dal tipo di patologia) seguono terapie alternative/complementari è quella di un soggetto di sesso femminile, di giovane età, con livello discolarità e status sociale medio/alto.
In linea generale questo gruppo di persone è accomunato da una visione olistica dell’uomo, della salute e della malattia, e da un interesse verso la spiritualità e la crescita psicologica; molti tra loro dichiarano di aver avuto un’esperienza importante che ha cambiato la loro visione del mondo. Inoltre rispetto alla popolazione generale soffrono in misura maggiore di disturbi d’ansia e da dolore cronico10.
Tali soggetti sembrano trovare nell’atteggiamento “olistico” e “naturale” tipico delle CAM una visione adeguata e congruente con la loro filosofia di vita, i propri valori ed ideali.
In sintonia con questi risultati sono gli studi che in ambito oncologico hanno cercato di tracciare le principali caratteristiche sociodemografiche dei pazienti che fanno uso di CAM; tre risultano essere i principali fattori predittivi: sesso femminile, giovane età e livello culturale medio/alto5,11,12.
Non sembra invece essere correlato all’utilizzo di CAM il tipo di tumore, ma importante e significativo è lo stadio del tumore: il ricorso alle CAM è molto più frequente per quei pazienti che si trovano in fasi avanzati della malattia.
Interessante è anche la relazione tra come la persona valuta la propria prognosi e l’uso di CAM: pazienti che si attendono una prognosi sfavorevole vi ricorrono più frequentemente di chi la considera favorevole.
Benché fra i pazienti oncologici che ricorrono alle CAM vi siano chi ne faceva già uso prima della diagnosi, si stima che più del 50% dei soggetti non abbia avuto precedenti esperienze di CAM.
I risultati di altre ricerche indicano, quasi in contrasto con le precedenti, che la maggior parte dei pazienti inizia l’uso di CAM durante il primo periodo di trattamento con le medicine convenzionali; una ricerca condotta su pazienti affetti da tumore allo stomaco, fegato e colon-rettale, ha rilevato che la probabilità cumulativa di iniziare una CAM al primo, secondo e terzo anno dalla diagnosi era rispettivamente del 50, 54 e 55%13.
E’ presumibile quindi che vi siano due principali momenti che segnano il ricorso ai trattamenti alternativi o complementari; un primo periodo successivo alla diagnosi o con l’inizio dei trattamenti tradizionali, probabilmente da parte di soggetti che già facevano uso di CAM; ed un secondo quando il tumore è in una fase avanzata e la persona non riscontra risultati soddisfacenti dalle normali cure o percepisce una prognosi negativa, o ancora per cercare misure volte a limitare gli effetti collaterali da esse provocate.
Alcuni studi hanno esaminato le dinamiche psicologiche dei pazienti oncologici che fanno uso di CAM; essi si sono concentrati principalmente su questi aspetti: locus of control, bisogni e motivazioni, adattamento alla malattia e aspetti psicopatologici.
C’è da dire che se per determinati aspetti psicologici, quali ad esempio bisogni e motivazioni, le ricerche abbiano definito quelli che sono i principali fattori coinvolti, per altre dinamiche non sempre si hanno risultati congruenti ed il quadro è per certi aspetti ancora da chiarire.
Le motivazioni più citate dalle persone affette da cancro negli studi che valutano il perché del ricorso alle CAM possono essere sintetizzate nei seguenti punti:
-
acquisire maggiore controllo sulla malattia
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ampliare le possibilità terapeutiche
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forte credenza nelle CAM
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ricerca di speranza
-
CAM come “ultima spiaggia”
In linea generale in questi soggetti si ha la percezione che i propri bisogni emotivi non siano soddisfatti dalle terapie tradizionali, ciò associato ad un vissuto di impotenza verso la malattia che risulta maggiore di quello dei pazienti che non fanno uso di CAM14.
Ciò li spingerebbe verso quelle terapie alternative/complementari percepite come: meno invasive, più “naturali”, associate a minori effetti collaterali rispetto alle cure tradizionali e soprattutto basate su una visione olistica del trattamento che si prende carico non solo degli aspetti fisici ma anche psicologici e sociali del malato, in contrasto con i trattamenti ritenuti “aggressivi” e “isolati” della medicina ufficiale.
Con le cure tradizionali infatti queste persone sentono di non aver controllo sul decorso della malattia ed il miglioramento della propria vita, ed è infatti la ricerca di maggiore controllo il principale bisogno alla base della scelta di un “trattamento alternativo”.
Tali vissuti di impotenza sembrano riflettersi sull’adattamento alla malattia; varie ricerche infatti indicano come i pazienti oncologici che ricorrono alle CAM, se confrontati con i soggetti che non ne fanno uso, mostrano: maggiore distress, peggiore funzionamento emotivo e sociale durante il percorso di malattia, punteggi più bassi in test volti a valutare la qualità della vita e più intensi sintomi fisici14,15.
A fronte di ciò però queste persone mostrano una forte tendenza ad assumere un ruolo attivo per contrastare la malattia, più elevati risultano infatti i punteggi alle scale di locus of control interno e coping attivo16,17.
Gli studi circa gli aspetti psicopatologici correlati con l’uso di CAM in questi pazienti sono contraddittori e non consentono di definire con chiarezza il problema.
In uno studio condotto su donne con tumore alla mammella in fase iniziale Burstein et al. trovarono l’uso delle CAM associato a: depressione, paura di ricadute della malattia e più bassi punteggi in una scala volta a valutare la salute mentale18. Ricerche simili non hanno però confermato questi risultati non individuando particolari sintomi di disagio mentale in questi pazienti16.
Possiamo sostenere che al momento benché alcuni studi mostrino in questi soggetti punteggi più elevati in determinate scale cliniche ( ansia, panico e depressione) rispetto ai pazienti che non fanno uso di CAM, la maggiore prevalenza di forme psicopatologiche non è sufficientemente dimostrata.
Per quel che concerne il panorama italiano le ricerche sull’uso di CAM da parte di pazienti oncologici sono scarse; sotto il profilo epidemiologico l’ultimo dato risale al 1995 grazie ad una ricerca condotta da Jirillo et al. attraverso la somministrazione di un questionario relativo all’uso di CAM in pazienti trattati presso la Divisione di Oncologia e Radiologia di Legnano (Verona).
I risultati indicano che il 19% dei soggetti credeva dell’efficacia delle terapie non convenzionali per i tumori; di questa popolazione il 38% aveva ricevuto informazioni su tali terapie da parte del medico e il 62% da conoscenti o mass media19.
Bisogni, motivazioni, aspetti psicopatologici ed altre dinamiche psicologiche non sono state oggetto di studi sistematici.
Le finalità della ricerca
La larga diffusione dell’utilizzo di terapie alternative e complementari (CAM) in campo oncologico è stata documentata e accuratamente descritta in campo internazionale ed in particolare negli Stati Uniti. Scarsi sono invece i dati provenienti dall’Italia. Essi si limitano ad uno studio Europeo di Molassiotis et al. 24 che aveva coinvolto anche l’Italia e ad uno studio Toscano che però ha coinvolto solo pazienti afferenti al day hospital oncologico 25. Dallo studio toscano effettuato su 128 pazienti è emersa una percentuale di utilizzo di CAM dopo la diagnosi di tumore del 17%. Decisamente in contrasto con i dati dello studio europeo che coinvolgendo in Italia 52 pazienti aveva riscontrato una percentuale di utilizzo di CAM tra i malati di tumore del 73,1 % contro una media europea del 35,9%. I dati in nostro possesso al momento appaiono quindi non univoci e questo probabilmente dipende dalla limitatezza delle casistiche prese in esame.
Il presente studio si pone quindi come prima e principale finalità quella di poter fornire un quadro epidemiologico definito sull’uso delle CAM in campo oncologico in Italia ed in particolare in Toscana.
In secondo luogo ci pare importante fare luce su tematiche quali le motivazioni all’utilizzo delle CAM, il rapporto con l’adesione alle terapie convenzionali e la fiducia verso di esse.
Con questa ricerca desidereremmo anche fornire un contributo su aspetti controversi dell’uso delle CAM in campo oncologico quali il rapporto con il tipo ed il grado di disagio percepito, la psicopatologia presente, la soddisfazione dei bisogni del paziente nel contesto di cura convenzionale.
Il presente studio si pone infine lo scopo di valutare se l’utilizzo delle CAM in campo oncologico possa essere correlato con specifici tratti di personalità, secondo costrutti finora non esplorati.
Metodologia della ricerca
Questo progetto di ricerca intende essere multicentrico nel contesto di unità di cura e riabilitazione oncologica sia a livello delle strutture ospedaliere che di quelle territoriali. Il territorio preso in esame sarà quello della Toscana.
Ci si propone di attuare la ricerca all’interno di strutture di assistenza clinica al malato oncologico di diverso tipo quali: reparti ospedalieri, Day Hospital, ambulatori, centri di riabilitazione, enti per l’assistenza domiciliare e le cure palliative.
Hanno dato disponibilità allo svolgimento del progetto le seguenti strutture di diagnosi e cura oncologica toscane:
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Servizio Psico-oncologia del CERION (CSPO) di Villa Le Rose, Firenze (responsabile dott.ssa M.G. Muraca)
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Oncologia Medica Aziendale AUSL 10 Firenze (responsabile dott.ssa Luisa Fioretto)
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Attività Riabilitazione Oncologica (CERION) dell’Istituto per lo Studio e la Prevenzione Oncologica (ISPO) a Pistoia (dr. M. G. Muraca)
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Oncologia Medica AUSL 4 Prato (responsabile dott. Mauro Panella)
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Unità Complessa di Terapia Antalgica – Azienda Ospedaliero Universitaria di Pisana (responsabile dott. Paolo Poli)
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Oncologia Medica AUSL1 MassaCarrara (responsabile dott. Maurizio Cantore)
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Oncologia Medica Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi (responsabile dott. Francesco Di Costanzo)
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SOD Oncologia Medica 2, DAI Oncologia, Azienda Ospedaliero Universitaria di Careggi (responsabile prof. R. Mazzanti)
Verranno coinvolti pazienti così ripartiti:
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200 pazienti afferenti ai Day Hospital oncologici
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200 pazienti afferenti agli ambulatori oncologici
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100 pazienti afferenti ai reparti di Oncologia Medica
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200 pazienti afferenti ai centri di Riabilitazione Oncologica
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100 pazienti afferenti alle unità di Terapia Antalgica
Con i pazienti disponibili a partecipare allo studio è previsto l’utilizzo in primo luogo di una scheda per la raccolta dei dati socio-demografici, dei dati relativi alla malattia e dei dati relativi all’utilizzo delle CAM (allegato1). Tale scheda verrà proposta e compilata da un operatore e solo in situazioni selezionate potrà essere modificata per l’autosomministrazione o compilata con la collaborazione di parenti del paziente.
E’ previsto l’utilizzo di alcuni questionari aggiuntivi per la chiarificazione di fattori potenzialmente correlati alle motivazioni della scelta di accedere ai diversi tipi di CAM. In particolare verranno proposti questionari (allegato 2) per valutare:
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i bisogni e i desideri dei pazienti (il NEQ-Needs Evaluation Questionnaire 20)
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il disagio e la psicopatologia eventualmente in atto (il PDI- Psychological Distress Inventory 21o il BSI-1822-23)
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tratti di personalità relativi alla capacità dell’individuo di comprendere, dare significato, fronteggiare gli eventi della propria vita (SOC- Sense Of Coherence26-27).
Se nella struttura di assistenza clinica sono già utilizzati alcuni questionari per far emergere i bisogni dei pazienti o per valutare il disagio psicologico verranno inclusi nello studio senza ulteriori somministrazione di test. I test utilizzati (NEQ,BSI, SOC) saranno concisi in modo da non arrecare disturbo ai pazienti disponibili a partecipare allo studio e verranno somministrati nel rispetto della privacy.
I partecipanti aderiranno allo studio in forma anonima
Composizione del gruppo di ricerca
Il gruppo di coordinamento del presente progetto di ricerca è costituito da:
Andrea Bonacchi: medico, psicoterapeuta, psicologo clinico, Ricercatore a contratto presso l’Istituto per lo Studio e la Prevenzione Oncologica (ISPO) della Regione Toscana, Ricercatore Ospite presso il Dipartimento di Medicina Interna, Università degli studi di Firenze.
Massimo Rosselli: medico, psichiatra, psicoterapeuta, Ricercatore confermato dell’Università degli studi di Firenze, responsabile del Servizio di Psicosomatica del Dipartimento di Medicina Interna dell’AOU-Careggi
Guido Miccinesi: medico, psichiatra, specialista in Statistica Medica, dirigente medico presso l’Istituto per lo Studio e la Prevenzione Oncologica (ISPO) della Regione Toscana
Alessandra Rossi: psicologa, psicoterapeuta, psicometrista
Alessandro Toccafondi: psicologo
Al progetto collaboreranno membri delle strutture di diagnosi e cura oncologiche coinvolte e dei relativi servizi oncologici e psico-oncologici.
Fasi dello studio e tempi previsti
Lo studio si articolerà in quattro fasi:
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raccolta dati (compilazione delle schede e dei questionari)
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inserimento dati nei computer
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elaborazione statistica dei dati
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pubblicazione risultati
La prima fase dovrebbe coinvolgere le strutture cliniche ciascuna per un tempo di 8-10 mesi in modo da poter coinvolgere un numero sufficiente di pazienti aderenti allo studio.
L’intero progetto nelle sue fasi 1,2 e 3 dovrebbe concludersi nell’arco di un anno dall’inizio della sua attuazione.
Finanziamenti
Non è prevista presenza di finanziamenti al progetto.
Materiale di consumo e personal computer verranno forniti dal Servizio di Psicosomatica di Careggi.
Il tempo per la somministrazione dei questionari e per la elaborazione dei dati verrà fornito da parte dei partecipanti allo studio come parte integrante della loro attività professionale o a titolo volontario.
Aspetti etici
I partecipanti saranno informati sugli obiettivi dello studio sia oralmente che per scritto. Tutti i partecipanti potranno ritirarsi dallo studio in qualsiasi momento. Tutti i partecipanti parteciperanno in modo anonimo allo studio e i loro dati personali saranno gestiti nella massima tutela della privacy secondo le vigenti disposizioni di legge.
Lo studio avrà luogo dopo approvazione da parte dei Comitati Etici Locali.
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