di Andrea Bonacchi
La parola “identità” applicata ad una persona ne indica solitamente l’insieme delle caratteristiche che la contraddistinguono e che hanno una certa persistenza nel tempo.
Nella pratica (sia della quotidianità sia psico-spirituale) osserviamo che è impossibile conoscere integralmente la nostra identità, ovvero tutte le caratteristiche di ciascuno di noi. Ecco allora che ognuno convive con una rappresentazione – più o meno semplificata e funzionale – della propria identità, che di solito indichiamo con le parole “senso di identità”; con questa rappresentazione, con questa narrazione che facciamo di noi stessi e degli altri, affrontiamo le relazioni, il nostro processo evolutivo e più in generale la vita con le sue difficoltà e occasioni.
La nostra identità è molto complessa ed è dinamica, in continua trasformazione, per cui la nostra rappresentazione di essa non può essere mai esaustiva, completa e definitiva. La nostra identità inoltre è articolata e presenta numerose sfaccettature per cui osservandola da punti di vista diversi ne avremo percezioni parziali la cui giustapposizione e ricomposizione ci aiuta ad avere una rappresentazione complessiva. Il “senso di identità” è quindi una rappresentazione imperfetta e multiforme di una realtà unitaria e molto complessa.
Alcune principali sfaccettature del “senso di identità” in psicosintesi vengono così descritte:
► “Io convenzionale”
Quando diciamo “io” intuitivamente e sinteticamente facciamo riferimento ad un insieme di auto-percezioni e auto-rappresentazioni: siamo il corpo che “sentiamo”, siamo il nostro nome e cognome, siamo le nostre emozioni, siamo i nostri ricordi (quindi la nostra storia), siamo le nostre abitudini, siamo i nostri valori, siamo i nostri ruoli, siamo i giudizi e le opinioni che abbiamo di noi stessi e degli altri, siamo quello che vogliamo e non vogliamo, siamo i nostri desideri e le nostre aspirazioni, siamo quello che gli altri ci inducono a pensare di noi… Questo “io” viene chiamato “io convenzionale” ed è a questo “io” che ci riferiamo nella quotidianità quando diciamo: “io soffro”, “io vado al cinema”, “io amo / odio mangiare pesce crudo”…
► “Io centro”
La psicosintesi mette in primo piano e “al centro” della propria visione dell’essere umano tre aspetti – coscienza, volontà e benevolenza – e chiama l’insieme di questi tre aspetti: “Io – Centro ” (o “sé personale” o “Io – regista interiore”). Quindi quando in psicosintesi si parla di “Io-Centro” (ben distinto dall’”Io convenzionale”) si fa riferimento al nostro nucleo di coscienza (io osservatore, io testimone), di volontà (io regista dell’ espressione di sè nel mondo) e di benevolenza (l’amorevolezza: in quanto la volontà psicosintetica ha tra i suoi aspetti fondamentali l’essere “buona”, cioè è una volontà che cerca e vuole il bene attraverso l’amore per se stessi e per gli altri).
Utilizzare la Psicosintesi come strumento di crescita e autorealizzazione ha tra i suoi aspetti fondamentali l’allenamento a mettere “al centro” della propria vita interiore ed esteriore questi tre aspetti e ad affidare a questo “Io-Centro” la regia del nostro lavoro su noi stessi e sul mondo. Numerose sono le tecniche per imparare a riconoscere e ad utilizzare l’Io-regista; queste tecniche includono sia le pratiche di meditazione sia numerosi esercizi specifici sviluppati in ambito psicosintetico.
► “Sè transpersonle”
In Psicosintesi si riconosce l’essere umano in possesso di una natura che nella sua essenza più intima e profonda, nella sua “anima” potremmo dire, è positiva, saggia, pura, buona. Roberto Assagioli, psichiatra fondatore della psicosintesi, usa le parole “Sé transpersonale” (distinto dal “sé personale” o “Io-regista”, centro della personalità) per indicare questa natura ultima dell’essere umano. Riconoscere questa natura dell’essere umano può essere di grande utilità per la crescita e il benessere. (Se vuoi approfondire questa tematica puoi leggere l’articolo: “Il Sé e l’inconscio superiore”).
► “Ego”
L’”ego” rappresenta l’innata tendenza di ogni persona ad un atteggiamento egocentrico; potremmo dire che l”ego” è la parte di noi che si nutre dell’attenzione verso sé stesse disgiunta dall’attenzione verso gli altri, della ricerca del bene proprio disgiunto dal bene degli altri, della cura di sé disgiunta dalla cura degli altri. Tanto maggiormente sviluppato è il nostro “ego”, tanto minore è l’attenzione per tutto ciò che non riguarda noi stessi e tanto minore è il nostro interesse per gli altri e per il loro benessere e la loro felicità.
L’”ego” è parte di ogni essere umano in quanto è mosso dagli istinti di autoconservazione e di autoaffermazione che tutte le persone hanno in qualche misura.
Compito evolutivo di chi è impegnato in un percorso di crescita psico-relazionale e spirituale attraverso la psicosintesi è di riconoscere il proprio “ego” e ridimensionarne il ruolo nella propria vita a favore di una ricerca del “bene comune”. (Se vuoi approfondire questa tematica puoi leggere l’articolo: “Bene comune ed ego”).
► “Le subpersonalità”
La psicosintesi, riconosce che la nostra personalità si articola in diverse parti, chiamate “Subpersonalità”. (Se vuoi approfondire questa tematica puoi leggere l’articolo: “Natura molteplice della personalità e subpersonalità primarie”).
Le nostre subpersonalità concorrono in modo fondamentale al nostro senso di “identità”; conoscerle ed imparare ad usarle sotto la guida dell”Io-regista / Io- Centro”, permette di impiegarle per una più efficace ed armoniosa espressione di noi stessi.
Distinguere nella rappresentazione di ciò che siamo questi aspetti sopra accennati non ha in psicosintesi una finalità puramente teorico / descrittiva ma ha uno scopo pratico tangibile in quanto esse rappresentano strumenti molto utili del lavoro che possiamo fare su noi stessi per sviluppare qualità e competenze, per esprimere potenzialità e per sciogliere alcuni “nodi interiori” che causano a noi stessi e a chi ci sta vicino sofferenza.
A.B. maggio 2015
Ringrazio Piero Marovelli per la revisione del testo ed i preziosi suggerimenti.