di Patrizio Caini
biologo, ricercatore, analista comportamentale, giornalista pubblicista
Per la rubrica:Curiosità e misteri nel mondo della psicologia, antropologia e spiritualità
Eccoci qui! Con l’articolo che vi accingete a leggere, inauguriamo una nuova rubrica in cui verranno trattate le più disparate tematiche legate alla scienza, alla spiritualità e all’entanglement (“intreccio”), termine mutuato dalla meccanica quantistica, di cui pure ci occuperemo in futuro, tra queste due dimensioni, solo in apparenza differenti, distanti ed inconciliabili.
In questo primo articolo parleremo di un personaggio straordinario, (purtroppo) poco conosciuto, che sembra uscito dalla penna di uno scrittore di romanzi gotici: Girolamo Segato. Di questa figura di studioso brillante ed eclettico mi sono già occupato in passato ma mi piace riparlarne in questa rubrica per farlo conoscere ai suoi lettori, perché capiscano che tra le pieghe della storia e della società vi è molto più di quanto non si legga sui classici testi di storia. Girolamo Segato (Sospirolo, 13 giugno 1792 – Firenze, 3 febbraio 1836) fu viaggiatore, esploratore, naturalista, geografo, cartografo ed egittologo, tuttavia, l’attività che lo rese celebre e che consegnò la sua memoria ai posteri fu la conservazione dei corpi, già, perché Segato è considerato uno dei preparatori anatomici più abili di tutti i tempi, il “principe” degli imbalsamatori, il “pietrificatore” di corpi. Tranquilli, non era un killer psicopatico ma uno studioso e uno scienziato brillante, un uomo con una mente vasta e poliedrica, troppo grande per rimanere confinata nel periodo storico in cui visse. Di famiglia benestante, fu avviato agli studi naturalistici dal parroco di Sospirolo, don Antonio Bagini, che lo istruì nella chimica, nella mineralogia e nella botanica. Al liceo di Belluno, invece, ebbe come insegnante il celebre naturalista Tommaso Antonio Catullo. Nel 1818 si recò a Venezia, dove conobbe Annibale De Rossetti, un banchiere e diplomatico che diventò il suo principale mecenate. In quell’anno la vita di Segato prese una piega inaspettata, fu l’anno della svolta, perché De Rossetti gli propose di trasferirsi a Città del Cairo, in Egitto, per lavorare in una grande azienda commerciale che dirigeva. Segato accolse con entusiasmo la proposta del facoltoso uomo d’affari e partì alla volta della misteriosa ed affascinante terra dei faraoni. A Città del Cairo lavorò alla progettazione e alla costruzione di alcuni canali e durante il tempo libero, visitò gran parte del paese, arrivando fino in Nubia. Nel corso delle sue peregrinazioni, ebbe modo di studiare diversi monumenti antichi e di raccogliere una grande quantità di dati geografici che gli consentirono di mappare la Valle del Nilo ma ciò che più lo affascinava era il deserto, che esplorò in lungo e in largo, arrivando in regioni remote, dove venne persino fatto prigioniero da un gruppo di beduini. Nel 1820, finanziato dal barone Enrico Minutoli, avviò uno scavo archeologico presso la piramide a gradoni di Abusir, a Saqqara. L’anno successivo diresse una campagna di scavi archeologici presso l’oasi di Siwa. Nel corso dei suoi studi e delle sue ricerche sull’antico Egitto, si appassionò alle mummie e alla mummificazione, maturando l’idea di sviluppare una procedura che preservasse i tessuti dall’inevitabile deterioramento dovuto al processo di decomposizione post mortem. Nel 1823 tornò in Italia, stabilendosi a Livorno ma il suo ritorno nel Bel Paese fu funestato da un evento che lo scosse molto: la casa a Città del Cairo, dove aveva abitato durante la permanenza in Egitto, fu distrutta da un incendio e con essa andarono perdute preziose raccolte scientifiche e archeologiche. Affranto per la grave perdita, decise di dedicarsi alla cartografia e nel 1824 si stabilì definitivamente a Firenze, dove frequentò il circolo di intellettuali formatosi attorno al letterato Giovan Pietro Vieusseux. Nel frattempo, De Rossetti fu nominato console di Firenze ad Alessandria d’Egitto, fatto che mise in seria difficoltà Segato, che, di punto in bianco, non poté più contare sulla vicinanza e soprattutto, sugli aiuti economici del suo generoso mecenate. Fu un periodo molto difficile, durante il quale riprese gli studi sulla conservazione dei corpi, supportato economicamente dalla famiglia, che non lo abbandonò mai. Grazie alla conoscenza della chimica e agli studi iniziati in Egitto e proseguiti a Firenze, in un laboratorio situato nel Palazzo Ferroni, in via dei Tornabuoni, mise a punto un procedimento innovativo, la “pietrificazione”, che gli consentì di conservare tessuti animali e umani, pezzi anatomici e persino parti molli, senza alterarne la morfologia, le dimensioni o il colore. In un primo tempo si esercitò su insetti e piccoli animali, per passare poi ai tessuti umani, che alcuni volenterosi studenti di medicina dell’Ospedale di Santa Maria Novella talvolta gli procuravano. Nel 1833 chiese la cattedra di Chimica Tecnologica alla Specola ma gli fu rifiutata, nonostante avesse garantito, una volta ottenuta la docenza, di illustrare il suo procedimento. Poiché a quel tempo gli unici corpi che si potevano imbalsamare erano quelli dei papi, Segato si inimicò la Chiesa, a tal punto da vedersi affibbiato l’imbarazzante soprannome di “mago egiziano”, tuttavia, nel 1835, papa Gregorio XVI gli concesse l’autorizzazione a condurre i suoi studi nello Stato Pontificio, in quanto ritenuti non contrari ai principi del cristianesimo. Gli studi che Segato condusse sulla conservazione dei tessuti lo resero celebre ma con la fama arrivò ben presto anche l’invidia, da parte dei suoi rivali e di chi ambiva a conoscere il suo segreto; quattro mesi prima di morire, infatti, subì un tentativo di furto nel suo laboratorio, cui reagì dando alle fiamme quasi tutti gli scritti sulle sue ricerche. La sera del 3 febbraio 1836 si spense nel suo letto, ucciso da una broncopolmonite contratta pochi giorni prima. Si racconta che il giorno della sua scomparsa, tutti i teatri di Firenze rimasero vuoti in segno di lutto. Quando Segato morì, la sua abitazione fu meta di pellegrinaggio da parte di molte persone, che vollero rendergli omaggio e dargli l’ultimo saluto; nella confusione del momento qualcuno rubò i pochi scritti rimasti sulle sue ricerche. Vi fu anche chi, per ricordo, gli strappò lembi della veste e persino i peli della barba e dei baffi! Il corpo di Segato fu inumato con tutti gli onori nella Chiesa di Santa Croce, a Firenze; nel chiostro che si apre sul lato destro della navata, è possibile ancora oggi ammirare la sua tomba evocativa. Al centro del sepolcro troneggia un medaglione con la testa di Segato, dalla cui nuca spuntano due serpentelli per lato, chiaro riferimento a Medusa, la Gorgone che, nella mitologia greca, è in grado di pietrificare chiunque la guardi. I preparati anatomici di Segato furono inizialmente custoditi nel Museo Fisiologico dell’Ospedale di S. Maria Nuova, a Firenze, dopodiché vennero trasferiti nel Museo di Storia della Scienza della stessa città. Alcune decine di reperti sono attualmente custodite nel Museo del Dipartimento di Anatomia, Istologia e Medicina Legale dell’Università di Firenze; a tali reperti si sono aggiunti alcuni preparati provenienti dal Museo di Storia della Scienza di Firenze e dal Museo Civico di Belluno.
Tra i reperti “pietrificati” conservati al Museo del Dipartimento di Anatomia, Istologia e Medicina Legale dell’Università di Firenze troviamo una lumaca, alcuni pesci, serpenti, lucertole e piccoli anfibi, ben 5 tartarughe, un rospo, alcuni volatili, sangue, frammenti di organi fissati su supporti di legno, 214 pezzi anatomici incastonati in una tavola anatomica di legno intarsiato, una fetta di salame, uno stomaco provvisto di peduncolo vascolare, alcuni scalpi provvisti di capelli (uno di essi presenta lunghi capelli biondi e le orecchie), un orecchio, una maschera facciale, mani e avambracci dissezionati a scopo didattico, alcune mammelle umane, il busto di una ventenne morta di tubercolosi (il reperto è talmente ben conservato che ha mantenuto il caratteristico colore roseo della carnagione e vi si possono addirittura distinguere i singoli pori cutanei!) (Figura 1), una vulva provvista di canale vaginale, un pene, un feto malformato (Figura 2) e una testa di bambino.
Questa rara, preziosa e stupefacente collezione comprende anche la testa mummificata di una giovane donna, nota come la Testa di Belluno (Figura 3). È uno dei pochi preparati anatomici realizzati da Segato ad essere stato sottoposto ad una rigorosa analisi scientifica, eseguita dal Prof. Francesco Cucchini nel 1958 e, successivamente, dal Prof. Natale Villari, medico e docente dell’Università di Firenze. Grazie alla tomografia computerizzata single slice, il Prof. Villari ha ottenuto ben 70 immagini della testa, talmente ben conservata che si distinguono chiaramente l’arborizzazione vascolare della cute del volto e quella intracranica, il dente dell’epistrofeo, l’arteria cerebrale media e alla base del cranio, i vasi del collo. Il medico fiorentino fa notare che il prodotto che Segato iniettava nei tessuti per “pietrificarli” doveva essere molto fluido per poter raggiungere le regioni più periferiche prima che il sangue coagulasse; se il preparato chimico impiegato fosse stato anche solo di poco più viscoso, infatti, non avrebbe potuto scorrere nei vasi sanguigni più piccoli, con il risultato che il sangue sarebbe coagulato mentre il composto si trovava ancora all’interno dei vasi di calibro maggiore. Nonostante Segato si avvalesse di più metodi di conservazione, anche assai differenti tra loro, il procedimento che lo rese celebre fu quello della cosiddetta “pietrificazione”, con cui ottenne risultati simili a quelli che si hanno con la plastinazione, una moderna procedura grazie alla quale è possibile indurire le parti molli di un corpo, garantendone la perfetta conservazione. Segato ricorse anche a tecniche più semplici per preservare i tessuti dal processo di decomposizione, come, ad esempio, l’essiccamento. Anche se la scienza non ha ancora svelato il segreto della “pietrificazione” dei corpi, alcuni procedimenti conservativi impiegati da Segato sono noti; uno di essi prevedeva l’uso di acido arsenioso (H3AsO3) e bicloruro di mercurio (HgCl2), seguito da un bagno di alcol etilico (CH3CH2OH) o di acqua distillata.
La pratica della conservazione dei corpi o di parti di essi, ha origini antiche; la si ritrova in molte culture del passato, in molti luoghi e sotto varie forme, dal semplice essiccamento ottenuto attraverso la disidratazione, alla più elaborata imbalsamazione, per arrivare a complesse tecniche di mummificazione, come quelle egizie, e alla moderna plastinazione, con la quale si sono raggiunte punte di eccellenza. La paura della morte, l’atroce dubbio mai veramente e completamente fugato che con essa cessi anche l’esistenza della coscienza, ha spinto per millenni l’uomo a ricercare una forma di immortalità, trovandola proprio nella conservazione dei corpi e tanto più le tecniche erano sofisticate ed efficaci quanto più l’uomo si rassicurava e trovava conforto di fronte alla caducità della vita. Anche Segato, probabilmente, era mosso da questo impeto vitale, da questo irrefrenabile desiderio di “vincere” la morte impedendo la distruzione fisica dei tessuti. L’interesse dello scienziato bellunese per la conservazione dei corpi nacque nella terra dei faraoni e le antiche tecniche egizie di mummificazione furono per lui fonte di grande ispirazione, tuttavia il procedimento della “pietrificazione” è di gran lunga più raffinato ed efficace di qualsiasi altro espediente ideato per preservare i tessuti dal processo di decomposizione. Si dovrà attendere l’avvento della plastinazione per vedere eguagliati i suoi eccezionali risultati. Purtroppo Segato si è portato il segreto della “pietrificazione” dei corpi nella tomba e la scienza continua ancora oggi ad interrogarsi su come un uomo vissuto a cavallo del XVIII e XIX secolo abbia potuto sottrarre i corpi in modo così duraturo e strabiliante al disfacimento della morte. Non è dato sapere per quale motivo lo scienziato bellunese non abbia svelato il segreto della sua tecnica, forse era intenzionato a farlo ma è stato sorpreso dalla morte che è giunta rapida ed inaspettata o forse non lo voleva fare, perché era troppo geloso della sua scoperta; probabilmente il motivo della mancata rivelazione va ricercato nel rancore e nell’astio che egli provava nei confronti del mondo accademico, che gli rifiutò una cattedra all’Università, che non lo ha mai veramente considerato uno scienziato né ha mai voluto riconoscerne il genio, quel genio che ha partorito uno straordinario procedimento per consegnare intatti i corpi all’eternità.
“Io che pietrifico le membra altrui, dovrò andare in putrefazione”
Girolamo Segato