di Patrizio Caini
biologo, ricercatore, analista comportamentale, giornalista pubblicista
Per la rubrica:Curiosità e misteri nel mondo della psicologia, antropologia e spiritualità
Eccoci al terzo appuntamento con la rubrica “Curiosità e misteri nel mondo della psicologia, antropologia e spiritualità”! Come vola il tempo … Con questo articolo torno a parlare, pardon, a scrivere, di una mia vecchia passione, iniziata quando, all’età di 13 anni, mi recai per la prima volta in Egitto: le mummie (e la mummificazione)[1]. Quando si sente, o si legge, la parola “mummia”, che deriva dall’arabo “mūmiyya”[2], si pensa subito all’antico Egitto, perché, nell’immaginario collettivo, quelle della terra dei faraoni sono le mummie per antonomasia, tuttavia, le mummie non sono una prerogativa assoluta della civiltà egizia; le ritroviamo, infatti, in molte culture, sia antiche sia moderne, come quella irlandese, il che ci porta alle mummie dei sotterranei della chiesa di San Michan.
La chiesa di San Michan è uno dei monumenti più famosi di Dublino, la capitale della Repubblica d’Irlanda. Fu costruita nel 1095, probabilmente sulle rovine di un’antica chiesa danese, da cui il nome Michan, che, secondo la tradizione, è un santo danese (Figure 1).
L’edificio, in sé, non è particolarmente interessante; esso, infatti, è conosciuto soprattutto per i suoi misteriosi e inquietanti sotterranei (Figura 2), che ospitano alcune mummie in ottimo stato di conservazione.
Su entrambi i lati vi sono camere sepolcrali e ogni camera appartiene ad una singola famiglia. In alcune stanze i feretri, rovinati dal tempo, sono scoperchiati, in parte o del tutto, ed accatastati in modo disordinato gli uni sugli altri, come si può vedere nelle figure 3. Non è facile fotografare le mummie, infatti, in circolazione, non sono molte le fotografie che le ritraggono, tuttavia, non potevo certo esimermi dal documentare la visita dei sotterranei della chiesa di San Michan con qualche suggestiva fotografia.
La chiesa di San Michan è legata ad alcuni protagonisti della ribellione del 1798[3], qui sepolti. I nomi più famosi sono quelli dei fratelli Sheares, John (1766 – 1798) e Henry (1753 – 1798) (Figura 4), che morirono proprio in quella rivolta.
Ma qual è il segreto dell’ottimo stato di conservazione delle mummie dei sotterranei della chiesa di San Michan? Il processo di mummificazione naturale cui sono andati incontro i corpi che si trovano nei sotterranei dell’edificio, si è svolto grazie all’effetto concomitante di tre peculiari condizioni ambientali: una bassissima umidità relativa, una bassa temperatura e l’isolamento termico. L’aria dei sotterranei è molto “secca”, poiché le pietre con cui essi sono stati costruiti assorbono il vapore acqueo presente nell’ambiente. La bassissima umidità relativa ostacola i naturali processi putrefattivi in quanto i batteri saprofiti hanno bisogno di acqua per sopravvivere e proliferare. Dal momento che i sotterranei della chiesa di San Michan si trovano ad alcuni metri di profondità nel sottosuolo, la temperatura interna, di circa 10°C, è ovviamente più bassa di quella esterna, almeno in primavera e in estate. Le basse temperature favoriscono la conservazione della materia organica, sia di origine animale sia di origine vegetale, poiché inibiscono, in parte o del tutto, i processi biologici, incluse le reazioni metaboliche, in questo caso dei microorganismi saprofiti. Le pareti e la volta dei sotterranei, le prime costituite da spesse pietre, la seconda sormontata dalla chiesa, li isolano dall’ambiente esterno, mantenendo costante la temperatura interna. L’isolamento termico, quindi, impedisce alla temperatura interna di aumentare, fatto che potrebbe innescare i processi di decomposizione.
La chiesa di San Michan non è l’unico edificio religioso cristiano che ospita mummie e in cui è possibile vederle. In Sicilia, a Palermo, nelle gallerie sotto il Convento dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini, adiacente alla chiesa di Santa Maria della Pace, si trova un vero e proprio cimitero sotterraneo in cui sono conservati migliaia di corpi scarnificati, mummificati ed imbalsamati. Conosciuti come le Catacombe dei Cappuccini, i sotterranei del convento furono realizzati sul finire del XVI secolo e ben presto entrarono a far parte del cosiddetto Grand Tour; essi, infatti, rappresentano, fin dalla loro creazione, un’irresistibile attrattiva per turisti, viaggiatori, pellegrini e studiosi provenienti da tutto il mondo. Non è noto il numero esatto di corpi conservati nelle Catacombe dei Cappuccini, perché le salme non sono mai state censite, tuttavia si stima ve ne siano circa 8.000! La particolarità di questo insolito cimitero sotterraneo risiede nel fatto che i corpi sono esposti, in posizione eretta lungo i muri e all’interno di nicchie in essi ricavate oppure sdraiati su mensole disposte lungo le pareti. Le salme indossano abiti e sono raggruppate per genere e classe sociale. La maggior parte delle mummie appartiene a persone che in vita erano abbienti, poiché solo chi apparteneva ad un ceto sociale alto poteva permettersi di essere imbalsamato una volta morto. Percorrendo i corridoi delle Catacombe dei Cappuccini, è possibile ammirare i corpi di interi nuclei familiari, di bambini, di donne in abito da sposa, di commercianti, di soldati in uniforme e, ovviamente, di religiosi, inclusi gli stessi frati cappuccini del convento. Il procedimento utilizzato per imbalsamare i corpi si articolava in varie fasi. Innanzitutto si rimuovevano gli organi interni, dopodiché si procedeva con la scolatura delle salme che durava circa un anno. La scolatura dei corpi era una peculiare e macabra pratica funeraria molto diffusa in Sud Italia, specialmente in Campania, in Puglia, in Calabria e, ovviamente, in Sicilia, tra il XVIII e il XIX secolo, strettamente legata alla cosiddetta doppia sepoltura. La doppia sepoltura consisteva nel collocare il corpo del defunto in un luogo provvisorio fino al suo completo disfacimento ad opera del processo di decomposizione. Una volta scarnificata completamente, la salma veniva portata in un altro luogo, dove veniva definitivamente inumata. Pratiche funerarie molto simili alla doppia sepoltura erano presenti anche in Messico e in alcuni paesi del Sud Est asiatico e si ritrovano ancora oggi in Oceania!
Il rituale funebre delle doppie esequie deriva da una peculiare concezione della morte, secondo cui quest’ultima non è istantanea, immediata ma avviene in due fasi. Secondo tale concezione, infatti, vi sarebbe un intervallo di tempo tra la morte fisica, la prima fase, e il definitivo ingresso del defunto nell’aldilà, la seconda fase. Alla base di questa visione tanatologica vi era la credenza, molto radicata nella cultura popolare, secondo cui la morte fosse un processo progressivo attraverso il quale l’anima del defunto passa gradualmente dal mondo dei vivi a quello dei morti. La doppia sepoltura, quindi, è un’articolata pratica funeraria che accompagna ritualmente l’anima del defunto in un processo di transizione che la porterà ad assurgere ad un nuovo, assoluto e definitivo piano di esistenza atemporale. L’idea è che l’anima possa entrare definitivamente nel regno dei morti soltanto al termine della decomposizione, poiché, durante il suo svolgimento, il corpo è impuro e in grado di contaminare i vivi. La scarnificazione completa del corpo lo monda dalla materia organica putrefatta e con le ossa pulite e bianche, simbolo di purezza, finalmente libere da ogni residuo della decomposizione, il processo di transizione del defunto, dalla vita alla morte, si conclude e con esso si conclude anche il viaggio dell’anima, che può finalmente raggiungere la sua destinazione finale, l’aldilà. La doppia sepoltura, quindi, è un vero e proprio rito di passaggio, come lo sono il Battesimo, il Matrimonio e le iniziazioni nelle varie culture, da quelle di molte popolazioni aborigene americane, africane e asiatiche, che sanciscono la fine dell’infanzia e della fanciullezza e l’ingresso nell’età adulta, a quelle codificate degli ordini cavallereschi, della Massoneria e degli ordini iniziatici magico-esoterici.
La scolatura dei corpi avveniva, in genere, in ambienti ipogei, come le cripte delle chiese e i sotterranei dei conventi, detti putridaria o “camere di mummificazione”, dove si trovavano e si trovano tuttora, i colatoi “a seduta” o sedili-colatoio. Si tratta di una sorta di “troni” in pietra o in muratura, il cui sedile è provvisto di un ampio foro centrale al di sotto del quale veniva collocato un recipiente introdotto attraverso un’apertura praticata sulla parte frontale, in basso. I corpi dei defunti venivano posti in posizione seduta su questi “troni”, in modo tale che, durante la decomposizione, i liquidi cadaverici e le parti del corpo in putrefazione, colassero attraverso il foro sul sedile direttamente nel recipiente di raccolta sottostante, che veniva periodicamente sostituito. In questo modo le salme si scarnificavano e si essiccavano, subendo, talvolta, un processo di parziale mummificazione. Si utilizzavano anche scolatoi orizzontali e verticali. Una volta completata la scolatura, i corpi scarnificati venivano accuratamente lavati con aceto, riempiti di paglia e, infine, vestiti con i loro abiti. Al termine di questa macabra procedura, i resti dei defunti venivano definitivamente tumulati o, come nel caso delle Catacombe dei Cappuccini, esposti. In alcuni putridaria vi è anche un certo numero di mensole sulle quali venivano posti i teschi dei defunti. Un’altra procedura di imbalsamazione, più rapida e meno articolata, impiegata soprattutto durante le epidemie, consisteva nell’immergere i cadaveri in un bagno di arsenico (As) o di acqua di calce[4]. Talvolta, negli ambienti sotterranei dove si trovavano gli scolatoi, vi erano anche vasche o stanze prive di pavimento, dette “terresante”, in cui i corpi dei defunti venivano sepolti sotto un sottile strato di terra che veniva lasciata smossa. Nei giorni festivi vi veniva celebrata anche la Santa Messa, cui partecipavano sempre molte persone animate da un grande fervore religioso. Questi particolari sepolcreti erano per lo più gestiti da confraternite laiche, sebbene si trovassero all’interno di proprietà della Chiesa. Anche le “terresante”, come gli scolatoi, erano strettamente legate alle doppie esequie, infatti, dopo un certo periodo di tempo, i cadaveri venivano dissotterrati per accertarne lo stato di decomposizione attraverso un’attenta ricognizione delle ossa. Qualora i corpi fossero andati incontro ad un processo di mummificazione o fossero risultati in parte o del tutto incorrotti, si sarebbe creduto ad un miracolo ed essi sarebbero stati oggetto di particolare devozione da parte dei parenti e dei fedeli in generale. Dopo il Concilio di Trento, che si svolse con varie interruzioni dal 1545 al 1563, le autorità ecclesiastiche della Chiesa Cattolica iniziarono a contrastare le lugubri pratiche funerarie legate alla doppia sepoltura. Nel XVIII e XIX secolo la scolatura dei corpi e la mummificazione erano diffuse soprattutto tra i laici appartenenti alle classi sociali più ricche e tra i religiosi mentre nel resto della popolazione andò sempre più affermandosi la sepoltura unica subito dopo la morte. Quando, all’inizio del XX secolo, entrarono in vigore norme igienico-sanitarie più severe, queste pratiche mortuarie estreme ebbero fine.
L’ospite – si fa per dire – più famoso delle Catacombe dei Cappuccini è, probabilmente, il corpicino perfettamente conservato di Rosalia Lombardo, una bambina palermitana morta di polmonite nel 1920, all’età di soli due anni. Il padre, profondamente addolorato per la sua prematura scomparsa, chiese al celebre imbalsamatore Alfredo Salafia (Palermo, 7 novembre 1869 – Palermo, 31 gennaio 1933) di imbalsamarne il corpo. A lungo il procedimento utilizzato da Salafia è rimasto sconosciuto, tuttavia, grazie ad un meticoloso studio condotto nel 2009 dal paleopatologo e antropologo messinese Dario Piombino-Mascali (Messina, 16 settembre 1977) sugli appunti di Salafia, è stato possibile identificare le sostanze chimiche impiegate dall’imbalsamatore palermitano per conservare i corpi. Il preparato sviluppato da Salafia consisteva in una miscela di formalina, alcol, glicerina, acido salicilico e sali di zinco. La formalina è una soluzione acquosa al 37% di formaldeide (CH2O), un potente battericida impiegato nella conservazione di campioni biologici. Uccidendo i batteri, infatti, la formaldeide inibisce il processo di decomposizione, consentendo ai tessuti e agli organi di conservarsi nel tempo. L’alcol etilico o etanolo (C2H6O) favorisce la disidratazione dei corpi mentre la glicerina o glicerolo (C3H8O3) ne impedisce l’eccessivo essiccamento. L’acido salicilico (C7H6O3), un acido carbossilico sintetizzato ed estratto dal salice, è un efficace fungicida mentre i sali di zinco rendono il corpo rigido. Il procedimento di Salafia prevedeva anche un’iniezione di paraffina[5] miscelata con etere. Il corpo di Rosalia è straordinariamente integro ed è talmente ben conservato che sono integri anche i suoi organi interni, come il cervello e il fegato. I lineamenti del suo volto non sono stati quasi minimamente alterati dalla morte, a tal punto che sembra quasi che stia dormendo, fatto che le è valso il soprannome di Bella Addormentata. Dal momento che la mummia di Rosalia ha purtroppo mostrato un inizio di decomposizione, la piccola cassa in cui riposa è stata posta in una teca a tenuta stagna in acciaio e vetro; all’interno la temperatura è mantenuta a 20°C e l’umidità relativa al 65% mentre l’atmosfera è satura di azoto (N2), un gas inerte che inibisce la proliferazione dei batteri responsabili della decomposizione. La mummia di Rosalia, considerata da molti la più “bella” del mondo, è stata anche protagonista di eventi ritenuti da alcuni miracolosi. Diverse persone, anche in buona fede e attendibili, hanno, infatti, dichiarato di avere visto la bambina aprire e chiudere gli occhi più volte al giorno! Si tratta di lievissimi e lentissimi movimenti delle palpebre, che sono stati anche fotografati nell’arco delle 24 ore. Nonostante in molti abbiano gridato al miracolo, vi è una spiegazione scientifica per questo curioso evento. Prima che la bara contenente le spoglie mortali di Rosalia venisse collocata all’interno della teca ad atmosfera controllata, la piccola mummia era continuamente soggetta a significative variazioni di umidità, che dilatavano e restringevano la sottile pelle delle palpebre. A questo fenomeno fisico va aggiunto il cambiamento di illuminazione ambientale che si verifica durante il giorno. Il risultato finale è un raro fenomeno di foto-decomposizione che dà l’impressione che le palpebre si aprano e si chiudano, nulla di più.
Ma perché esporre al pubblico i corpi dei defunti, per giunta così platealmente, come nel caso delle mummie dei sotterranei della chiesa di San Michan e, soprattutto, di quelle delle Catacombe dei Cappuccini? La risposta è semplice: memento mori (“ricordati che devi morire”)! L’esposizione di decine, centinaia, migliaia di macabri cadaveri scarnificati è un potente monito per i fedeli che visitano questi luoghi, perché riflettano sulla fragilità e corruttibilità del corpo, sull’inutilità dell’attaccamento all’aspetto fisico, che prima o poi si deteriora, sulla futilità dei piaceri e delle ambizioni del mondo materiale e sulla fugacità della vita.
Come si è visto, la mummificazione e l’imbalsamazione erano, fino a poco tempo fa, pratiche funerarie piuttosto diffuse nella tradizione religiosa cristiana; anche molti pontefici, santi e persino beati sono stati imbalsamati, prima di essere sepolti, e, proprio come accadeva con la procedura di mummificazione messa a punto dagli antichi egizi, i loro principali organi interni, detti precordi[6], venivano rimossi per essere conservati altrove, in genere all’interno di apposite urne! Questa pratica fu soppressa da Pio X, “al secolo” Giuseppe Melchiorre Sarto (Riese, 2 giugno 1835 – Roma, 20 agosto 1914), salito al trono pontificio nel 1903 e proclamato santo nel 1954, che nel testamento lasciò scritto che non avrebbe voluto essere imbalsamato. I corpi di alcuni di questi illustri personaggi sono esposti nelle chiese, perché i fedeli possano guardarli, contemplarli e raccogliersi in preghiera di fronte ad essi. In questo caso la salma diventa oggetto di devozione religiosa e assume la stessa valenza mistica delle reliquie, alimentando la fede e spronando i credenti a condurre una vita morigerata, timorosa di Dio, e a fare proprie le virtù cristiane di quei valorosi “soldati” di Cristo. Non per nulla, in passato, era consuetudine asportare parti del corpo dei santi e prelevare il loro sangue, per farne reliquie da destinare alla venerazione religiosa. Il traffico delle reliquie era un’attività molto redditizia in passato; per le chiese, i monasteri e i santuari custodirne almeno una era motivo di vanto e di prestigio, per non parlare delle offerte e delle donazioni, talvolta anche generose, che i fedeli facevano quando si recavano in pellegrinaggio presso i luoghi di culto dove erano conservate. Nonostante in passato la mummificazione e l’imbalsamazione siano state parte integrante delle pratiche funerarie cristiane, mal si conciliano con il significato che il cristianesimo dà alla morte e alla risurrezione. La morte, infatti, non rappresenta la fine della vita ma soltanto una trasformazione, un passaggio ad una dimensione differente, ad un diverso piano di esistenza, perciò non ha alcun senso cercare di “rallentarla” o “bloccarla” evitando il disfacimento del corpo attraverso l’imbalsamazione e la mummificazione. Inoltre, secondo la teologia cristiana, in particolare l’escatologia[7], alla fine dei tempi, dopo il Giudizio Universale, avverrà la risurrezione della carne, ossia i corpi fisici dei defunti risusciteranno per riunirsi definitivamente con le proprie anime, fatto che rende sostanzialmente inutile conservare un corpo dopo la morte. Ecco perché, ad un certo punto, queste pratiche cessarono.
Pratiche funerarie come la mummificazione e l’imbalsamazione non appartengono solo alla tradizione religiosa multietnica ma anche a quella laica, più di quanto si immagini, basti pensare ai corpi imbalsamati di Mao Zedong, più noto come Mao Tse-tung (Shaoshan, 26 dicembre 1893 – Pechino, 9 settembre 1976), fondatore della Repubblica Popolare Cinese, di Lenin, “al secolo” Vladimir Il’ič Ul’janov (Simbirsk, 22 aprile 1870 – Gorki, 21 gennaio 1924) e di Iosif Vissarionovič Džugašvili, meglio conosciuto come Iosif Stalin (Gori, 6 dicembre 1878 – Mosca, 5 marzo 1953). Sono ancora molti i nostalgici che in Cina e nella Federazione Russa onorano questi grandi, nel bene e nel male, statisti e i loro governi, per comprensibili motivi socio-politici, incoraggiano il forte sentimento nazional-popolare di parte della popolazione, lasciando che esso si esprima liberamente attraverso la venerazione delle salme dei padri della patria. Le spoglie mortali di Mao sono conservate all’interno di una teca di vetro piantonata da un soldato e posta al centro di un mausoleo a lui intitolato, situato in piazza Tienanmen, a Pechino. Nonostante avesse manifestato il desiderio di essere cremato, dopo la sua morte le autorità reggenti decisero di imbalsamarlo. Anche Lenin, come Mao, non avrebbe voluto essere imbalsamato dopo la morte; egli, infatti, aveva chiaramente espresso la volontà di essere seppellito, tuttavia, Stalin e Feliks Ėdmundovič Dzeržinskij (Ivjanec, 11 settembre 1877 – Mosca, 20 luglio 1926), primo direttore della Čeka[8], decisero di imbalsamarne il corpo a scopo propagandistico, nonostante la vedova, Nadezhda Krupskaja, si fosse rivolta più volte alle autorità competenti pregandole di rispettare le ultime volontà del marito. Un gruppo di medici, guidati da Vladimir Vorobiov e Boris Zbarsky, ricorse ad una tecnica di imbalsamazione ancora oggi nota solo in parte. Nonostante tale tecnica si sia rivelata piuttosto efficace nel conservare il corpo di Lenin, esso richiede costanti cure e periodici restauri. Ogni settimana, infatti, un gruppo di esperti esegue un’accurata ricognizione della salma alla ricerca di eventuali tracce di muffa o di decomposizione e ogni diciotto mesi essa viene sottoposta ad un bagno di glicerolo e acetato di potassio[9] per trenta giorni. Il corpo imbalsamato di Lenin è custodito in un mausoleo in granito a lui intitolato, progettato dall’architetto Aleksej Shchusev in stile neoegizio e situato nella Piazza Rossa, a Mosca. Un discorso a parte va fatto per Stalin. La sua salma fu esposta accanto a quella di Lenin, nel mausoleo di quest’ultimo, per sette anni, poi fu rimossa e inumata altrove. Ciò avvenne dopo la nomina di Nikita Sergeevič Chruščëv (Kalinovka, 15 aprile 1894 – Mosca, 11 settembre 1971) a Primo Segretario del Partito Comunista dell’Unione Sovietica e, successivamente, a Presidente del Consiglio dei Ministri dell’U.R.S.S. (Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche). In occasione del 20° Congresso del Partito Comunista dell’Unione Sovietica, svoltosi nel 1956, a tre anni dalla morte di Stalin, Chruščëv denunciò pubblicamente gli efferati crimini contro il popolo sovietico e lo stesso Partito Comunista commessi dal dittatore, dando avvio, di fatto, al lungo processo di destalinizzazione che negli anni portò alla distruzione dei monumenti dedicati a Stalin e all’abbattimento delle sue statue in tutta l’Unione Sovietica. Tale processo fu lento e graduale, per evitare che i nostalgici reagissero violentemente, sollevandosi contro lo Stato con sommosse popolari. È nell’ottica della destalinizzazione del paese che va inquadrata la rimozione del corpo di Stalin dal Mausoleo di Lenin. Lenin era un padre della patria e Stalin ne aveva tradito i principi etici e ideologici, quindi non poteva più riposargli accanto; doveva essere trasferito al più presto. La notte del 31 ottobre 1961, con il favore delle tenebre e in gran segreto, un commando di una trentina di operativi del K.G.B., il potentissimo servizio d’Intelligence sovietico di controspionaggio, sicurezza interna e polizia politica, rimosse la salma di Stalin dal Mausoleo di Lenin e la trasferì temporaneamente in un laboratorio situato sotto l’edificio. Dalla giacca dell’uniforme del dittatore furono staccate le decorazioni militari, le medaglie, le spalline e i bottoni. Il suo corpo fu collocato in una semplice bara di legno, all’interno di una tomba scavata ai piedi delle mura del Cremlino. La tumulazione avvenne senza alcuna cerimonia, nel riserbo più assoluto e senza la presenza dei parenti. La scelta della data per la traslazione non fu casuale. Il giorno prima, infatti, fu fatta esplodere, a 4000 metri di altitudine sopra l’isola di Novaja Zemlja, nella baia di Mitjušicha, nel Mar Glaciale Artico, la famigerata “Bomba Zar”[10], nome in codice “Big Ivan”, la più potente bomba all’idrogeno[11] e in generale la più potente bomba, che sia mai stata testata, 3125 volte più potente di “Little Boy”, l’ordigno nucleare sganciato su Hiroshima il 6 agosto 1945! L’intento era chiaro: sviare l’attenzione dell’opinione pubblica dalla rimozione della salma di Stalin con una notizia, è proprio il caso di dirlo, bomba! Il piano ebbe successo e l’obiettivo fu raggiunto: la notizia del trasferimento e della sepoltura del dittatore fu completamente oscurata da quella del test nucleare con la “Bomba Zar” e non vi furono contestazioni né reazioni violente da parte della popolazione. Il tutto si svolse senza problemi o incidenti.
Si è visto in quanti modi differenti le mummie siano state e vengano tuttora utilizzate: come memento mori, per la devozione religiosa, per il culto della personalità e nella propaganda socio-politica e ideologica. Sorprenderà, forse, sapere, a questo punto, che, fino a poco tempo fa, venivano impiegate anche a scopo curativo! Nel Medioevo, infatti, era molto diffusa la credenza secondo cui le mummie avessero diverse proprietà terapeutiche. Nonostante tale credenza sia ovviamente destituita di ogni fondamento scientifico, resistette incredibilmente fino ai primi anni del XX secolo! Il preparato che si otteneva dalle mummie era chiamato “Mumia Vera” e inizialmente veniva ricavato da antiche mummie egizieridotte in polvere o macerate per essere impiegate come unguento da applicare sul corpo o come “pillola” da ingerire! Sappiamo che i medici arabi, che nel XIII secolo dettero vita ad unfiorente commercio di mummie egizie, mescolavano la polvere di mummia con l’olio di rosa e di gelsomino per profumarla e l’aggiungevano a tisane ai frutti di bosco, come le more, e alle spezie, come la cannella, lo zafferano e la liquirizia. Si credeva che la polvere di mummia fosse una sorta di panacea, in grado di curare ferite, lussazioni, fratture, malattie della pelle,tosse, asma, epilessia e esaurimento nervoso, di aiutare le donne durante il parto e di attenuare i disturbi associati al ciclo mestruale! Reperire un’autentica mummia egizia non era affatto un’impresa facile e spesso comportava qualche rischio, perciò, ad un certo punto, il valore commerciale della polvere di mummia iniziò ad aumentare, rendendo questo genere di “articoli” un bene di lusso che soltanto le classi sociali più abbienti potevano permettersi di acquistare. Per ridimensionare i prezzi di questo bizzarro derivato ed aumentare così la sua domanda, i mercanti arabi, specializzati nel commercio della polvere di mummia, iniziarono a spacciare per antiche mummie egizie corpi essiccati al Sole di viaggiatori morti mentre attraversavano il deserto, cadaveri di persone decedute a causa della peste o per impiccagione e addirittura salme riesumate nei cimiteri e successivamente alterate, con varie procedure, perché sembrassero antiche mummie egizie! In epoca vittoriana, alla polvere di mummia fu attribuita un’ulteriore virtù, che andò ad aggiungersi alle sue presunte e tanto decantate proprietà terapeutiche: la capacità di allungare la vita a chi l’avesse utilizzata regolarmente. L’ottimo stato di conservazione delle mummie egizie, da cui si ricavava la polvere “terapeutica”, dette luogo alla credenza secondo cui esse potessero rallentare significativamente il naturale processo di invecchiamento, inducendo le persone ad impiegare la loro polvere anche come elisir di lunga vita, oltre che come farmaco universale.
Torneremo a parlare di mummiologia, di mummificazione e di mummie e non solo di quelle egizie, perché esse sono presenti, come si è detto, in molte culture, tradizioni e popoli, con significati e ruoli differenti a seconda dei vari ambiti, che vanno da quello religioso a quello scientifico, da quello socio-politico a quello mistico-esoterico. Alla prossima puntata, quindi!
Bibliografia.
- “Nuova Enciclopedia Universale Curcio – delle lettere, delle scienze, delle arti”. Armando Curcio Editore, 1968.
Sitografia.
- https://it.wikipedia.org/wiki/Rivolta_irlandese_del_1798
- https://it.wikipedia.org/wiki/Catacombe_dei_Cappuccini
- https://it.wikipedia.org/wiki/Alfredo_Salafia
- https://initalia.virgilio.it/palermo-mistero-mummia-della-piccola-rosalia-apre-chiude-occhi-20736
- https://liturgicus.com/culto-dei-morti-nella-storia
- https://www.illibraio.it/news/storie/santi-e-imbalsamati-1390186/
- https://www.ilsapere.org/cuori-e-limbalsamazione-dei-papi/
- https://www.paleopatologia.it/processi-di-tanatometamorfosi-pratiche-di-scolatura-dei-corpi-e-mummificazione-nel-regno-delle-due-sicilie/
- https://www.bizzarrobazar.com/2012/02/19/le-doppie-esequie/
- https://it.wikipedia.org/wiki/Putridarium
- https://www.corriere.it/esteri/16_settembre_08/i-cinesi-culto-mao-zedong-40-anni-morte-de08a8ee-75a1-11e6-803b-30079bff37cd.shtml
- https://it.rbth.com/storia/83190-perch%C3%A9-il-corpo-imbalsamato
- https://it.wikipedia.org/wiki/Lenin
- https://www.lastampa.it/2019/06/19/scienza/polvere-di-mummia-quel-tempo-in-cui-la-si-ingeriva-contro-la-bronchite-o-come-elisir-di-lunga-vita-lmitERn1BOfXdA9e9jFO4O/pagina.html
[1] Non tutti sanno che esiste una vera e propria disciplina scientifica che si occupa dello studio delle mummie e delle varie tecniche di mummificazione, chiamata mummiologia!
[2] Termine la cui origine etimologica risiederebbe nel persiano “mūm”, che significa “cera”.
[3] La ribellione del 1798 fu una rivolta, durata da maggio a ottobre, contro i governanti protestanti in Irlanda, all’epoca sotto la corona di Giorgio Guglielmo Federico di Hannover, più noto come Giorgio III (Londra, 4 giugno 1738 – Windsor, 29 gennaio 1820), re del Regno Unito. L’insurrezione, passata alla storia come “United Irishmen Rebellion”, fu guidata da un movimento politico rivoluzionario di ispirazione repubblicana, la Society of United Irishmen, fortemente influenzato dagli avvenimenti e dagli ideali della Rivoluzione Americana (19 aprile 1775 – 3 settembre 1783), nota anche come Guerra d’Indipendenza Americana o Guerra d’America, e della Rivoluzione Francese (1789 – 1799), anche detta Prima Rivoluzione Francese.
[4] Soluzione acquosa diluita di idrossido di calcio (Ca(OH)2).
[5] Miscela di idrocarburi (composti organici le cui molecole sono formate da atomi di due soli elementi chimici, il carbonio e l’idrogeno) solidi, per lo più alcani (idrocarburi le cui molecole presentano come gruppo funzionale il legame covalente semplice carbonio-carbonio), le cui molecole sono formate da catene di oltre 20 atomi di carbonio. È un derivato del petrolio biancastro, ha una consistenza cerosa ed è insolubile in acqua e negli acidi.
[6] Il cuore e gli altri organi vicini ad esso. Gli antichi egizi credevano che il cuore fosse la sede anatomica dell’intelligenza e dei sentimenti. Nell’Antico Testamento il cuore è ritenuto la sede di sentimenti come l’amore e l’odio, di qualità come il coraggio, e di emozioni come la gioia, la paura e la rabbia.
[7] Branca della teologia e della filosofia che si occupa dello studio speculativo del destino dell’uomo dopo la morte, dell’intero genere umano dopo la fine dei tempi e dell’universo tutto dopo la sua fine, sempre che abbia una fine (temporale).
[8] Abbreviazione di Črezvyčajnaja Komissija (Commissione Straordinaria), la polizia segreta sovietica fondata da Lenin e Feliks Ėdmundovič Dzeržinskij nel 1917, seguita dal G.P.U. (Gosudarstvennoe Političeskoe Upravlenie: Direttorato Politico dello Stato), dal N.K.V.D. (Narodnyj Komissariat Vnutrennich Del: Commissariato del Popolo per gli Affari Interni) e dal K.G.B. (Komitet Gosudarstvennoj Bezopasnosti: Comitato per la Sicurezza dello Stato), predecessore dell’attuale F.S.B. (Federal’naja Služba Bezopasnosti: Servizio Federale per la Sicurezza della Federazione Russa).
[9] Sale di potassio dell’acido acetico (CH3COOK).
[10] Fu progettata da un gruppo di fisici sovietici guidati da Andrej Dmitrievič Sacharov (Mosca, 21 maggio 1921 – Mosca, 14 dicembre 1989). Per un raggio di 35 km dal punto in cui esplose, si registrò una distruzione totale!
[11] La bomba all’idrogeno o arma termonucleare, è un ordigno esplosivo nucleare il cui funzionamento si basa su una reazione a catena di fusione nucleare, un processo in cui due nuclei atomici di elementi chimici leggeri, come l’idrogeno (H), vengono fatti fondere grazie ad una certa quantità di energia, generando un unico nucleo atomico più pesante e producendo una grande quantità di energia. Gli arsenali nucleari delle superpotenze sono costituiti in buona parte da testate all’idrogeno. La bomba all’idrogeno, nota anche come “bomba H” o “superbomba”, fu sviluppata su ordine di Harry S. Truman (Lamar, 8 maggio 1884 – Kansas City, 26 dicembre 1972), 33º presidente degli Stati Uniti d’America, da un gruppo di scienziati militari coordinati da Edward Teller (Budapest, 15 gennaio 1908 – Stanford, 9 settembre 2003), presso il L.A.N.L. (Los Alamos National Laboratory), in Nuovo Messico (U.S.A.), all’inizio degli anni ’50 del secolo scorso, ed è una versione avanzata della bomba atomica classica, il cui funzionamento si basa sulla reazione di fissione o scissione nucleare, un processo in cui il nucleo atomico di un elemento chimico pesante, come l’uranio e il plutonio (si utilizzano gli isotopi uranio-235 e plutonio-239), decade spontaneamente o artificialmente, in seguito ad un bombardamento di neutroni, in nuclei atomici di elementi chimici con numero atomico (numero di protoni contenuti nel nucleo atomico) più basso, producendo una grande quantità di energia ed emettendo radioattività. Esempi di bomba atomica classica sono la bomba all’uranio, come “Little Boy”, che fu sganciata su Hiroshima (Giappone), e quella al plutonio, come “Fat Man”, che esplose su Nagasaki (Giappone). Il codice militare per le bombe atomiche che sfruttano la fissione nucleare è “Bombe A”. La reazione di fissione nucleare viene utilizzata anche nei reattori delle centrali nucleari.