biologo, ricercatore, analista comportamentale, giornalista pubblicista
Per la rubrica:Curiosità e misteri nel mondo della psicologia, antropologia e spiritualità
Torniamo a parlare di O.O.P.Art. (Out Of Place Artifact(s)), “oggetti (manufatti) fuori posto”, cioè di quei misteriosi manufatti anacronistici realizzati grazie a conoscenze scientifiche e tecnologiche più avanzate di quelle che si ritiene comunemente possedessero le popolazioni vissute all’epoca cui essi risalgono. Lo avevamo fatto a proposito della Colonna di Ashoka, in un articolo che i lettori più affezionati di questa rubrica certamente ricorderanno e ci eravamo ripromessi di farlo nuovamente, dato l’elevato interesse suscitato da questo tema, perciò eccoci qua! Buona lettura, quindi!
Il o la Costa Rica o Costarica (da “costa ricca”, come lo/la chiamò Cristoforo Colombo), ufficialmente Repubblica di Costa Rica, è un piccolo stato dell’America Centrale, la cui capitale è San Josè, con una superficie di appena 50000-51000 km2 e una popolazione di circa 4 milioni di abitanti; la lingua ufficiale è lo spagnolo e la religione di stato è il cattolicesimo romano. A scoprire il paese fu Cristoforo Colombo (Genova, tra il 26 agosto e il 31 ottobre 1451 – Valladolid, 20 maggio 1506), nel 1502, durante il suo quarto viaggio ma la sua esplorazione fu opera di Francisco Vázquez de Coronado (Salamanca, 1510 circa – Città del Messico, 22 settembre 1554). La natura selvaggia e quasi incontaminata di questo paese ha spinto il popolare scrittore John Michael Crichton (Chicago, 23 ottobre 1942 – Los Angeles, 4 novembre 2008) ad ambientarvi due suoi romanzi: “Jurassic Park” e “Il mondo perduto”, da cui sono stati tratti gli omonimi film diretti da Steven Allan Spielberg (Cincinnati, 18 dicembre 1946).
Le misteriose sfere di pietra o petrosfere del Costa Rica fanno “capolino” anche nel cinema di Hollywood, con “I predatori dell’Arca perduta”, di Steven Spielberg, nella celebre scena in cui Indiana Jones, magistralmente interpretato da un atletico Harrison Ford (Chicago, 13 luglio 1942), viene inseguito da una enorme sfera di pietra, dopo essersi impossessato di un idolo precolombiano in oro massiccio. Nel Costa Rica le petrosfere si trovano un po’ ovunque; alcune sono semisepolte nel terreno della jungla (Figura 1), altre si trovano nella capitale e in altre città, dove costeggiano le strade, punteggiano le piazze e adornano parchi ed edifici pubblici, come l’Asamblea Legislativa, scuole, ospedali e musei. Altre ancora sono custodite nel Museo Nazionale del Costa Rica, a San Josè, dove è possibile ammirarne una piccola collezione (Figure 2 e 3); non è infrequente, inoltre, vederle abbellire i giardini delle case di persone facoltose, che le utilizzano come veri e propri status symbol! L’U.N.E.S.C.O. (United Nations Educational, Scientific and Cultural Organization: Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura), nel giugno 2014, le ha dichiarate Patrimonio Mondiale dell’Umanità.
Questi enigmatici manufatti, chiamati dai locali Las Bolas (in spagnolo, “Le Palle”), da una delle località, di nome Bolas, dove ne sono stati trovati diversi, furono scoperti per caso negli anni ’30 del secolo scorso, durante il disboscamento della foresta voluto da una multinazionale nord-americana, la United Fruit Company, per far posto alle piantagioni di banane. La maggior parte delle petrosfere fu rinvenuta nel sud-ovest del Costa Rica, soprattutto nell’area del delta del fiume Térraba, noto anche come Diquís, tra le cittadine di Palmár Sur e Ciudad Cortés, e nella Penisola di Osa, oltre che sull’Isla del Caño e sull’Isla Camoral. Altre sono state scoperte nella regione di Fila Costeña, presso San Vito de Java e Ciudad Neilly, e, come già detto, vicino a Bolas. Ad oggi le sfere di pietra ritrovate sono circa 300. Le loro dimensioni variano da pochi centimetri di diametro, per quelle più piccole, a quasi 2.5 metri, per la più grande; anche la massa è piuttosto variabile: da pochi kilogrammi a ben 16 tonnellate, per quella di 2.5 metri di diametro! È stato calcolato che, per scolpire una sfera di 2 metri di diametro, occorre impiegare un blocco di roccia di 24 tonnellate! La loro forma lascia interdetti, poiché è quasi perfettamente sferica: una sfera di 4.5 metri di circonferenza presenta uno scarto di soli 6 millimetri! Uno studio condotto da un team di ricercatori che lavora presso l’Università della Pennsylvania mostra come la sfericità di questi manufatti abbia una precisione del 96%! Nonostante gran parte delle sfere di pietra sia di granodiorite, una roccia magmatica intrusiva della famiglia del granito, molto dura da lavorare, è perfettamente levigata. Altri esemplari sono di andesite, una roccia magmatica effusiva, di gabbro, una roccia magmatica intrusiva, e di arenaria, una roccia sedimentaria; altri ancora ma sono pochissimi, sono di coquina, una roccia sedimentaria molto simile al calcare, quindi considerevolmente più tenera e facile da lavorare, presente sulla foce del fiume Diquís. Probabilmente, i blocchi di roccia da cui sono state ricavate le petrosfere provengono da una cava sulla catena montuosa di Talamanca, a più di 80 km di distanza da dove è stata ritrovata la maggioranza di esse, ponendo un grosso interrogativo su come siano state trasportate fino ai siti in cui sono state rinvenute, soprattutto se si considera che la fitta e rigogliosa vegetazione della foresta pluviale, popolata da serpenti e ragni velenosi, oltre che da insetti fastidiosissimi, avrebbe reso quasi impossibile attraversarla con questi ingombranti e pesanti manufatti al seguito. Ad oggi non sono state rinvenute sfere incomplete o vuote ma in alcuni casi, questi manufatti sono stati ritrovati in gruppo, disposti in linee rette e curve o a formare figure geometriche, per lo più triangoli ma in taluni casi, anche parallelogrammi. Quattro sfere vennero trovate perfettamente allineate verso nord.
Le peculiari caratteristiche delle sfere di pietra del Costa Rica inducono a pensare che i loro costruttori possedessero conoscenze tecniche molto avanzate per l’epoca; ciò ha spinto alcuni studiosi ad avanzare ipotesi piuttosto fantasiose sulla loro costruzione e su chi le ha realizzate, chiamando in causa, ora, gli abitanti della mitica Atlantide, sopravvissuti al suo inabissamento nell’Oceano Atlantico e approdati sulle coste americane, ora, visitatori provenienti da altri mondi, ipotesi, quest’ultima, particolarmente cara ai fautori della paleo-astronautica, la disciplina che cerca e studia le tracce del passaggio sul nostro pianeta di intelligenze extraterrestri in tempi antichi. Secondo la cosmogonia dei Bribri e dei Cabécares, popolazioni native americane che risiedono in alcune aree rurali e forestali del Costa Rica, le sfere di pietra sono le “palle di cannone di Tara”. Tara o Tlatchque è il dio del tuono, che utilizza un gigantesco cannone per sparare le palle contro Serkes, il dio dei venti e degli uragani, con lo scopo di allontanarlo dalle sue terre. A parte le leggende, si sa molto poco di queste affascinanti ed enigmatiche sculture litiche; a realizzarle fu un misterioso popolo precolombiano che non utilizzava la scrittura e che scomparve poco dopo l’arrivo dei conquistadores spagnoli. Alcuni ricercatori attribuiscono la costruzione delle petrosfere ai Diquís (in lingua Boruca, Diquís significa “grandi acque” o “grande fiume”), una popolazione indigena del Costa Rica che fiorì dal 700 d.C. al 1530 d.C. e che praticava la pesca, la caccia e l’agricoltura, infatti, questi manufatti, talvolta, vengono chiamati sfere Diquís. Non è chiaro come siano stati realizzati e ad oggi la tecnica di lavorazione impiegata rimane un mistero, tuttavia, gli archeologi ritengono che i loro costruttori possano essere ricorsi alle alte temperature, utilizzando carbone caldo per riscaldare i blocchi di pietra, e all’acqua fredda, per raffreddarli rapidamente; la repentina escursione termica avrebbe distaccato, esfoliandoli, gli strati di roccia più esterni, consentendo la modellazione dei blocchi. La successiva levigazione sarebbe stata eseguita utilizzando rocce dello stesso materiale del monòlito, dopodiché la superfice delle sfere sarebbe stata rifinita e “lucidata” impiegando materiali abrasivi come la sabbia o il cuoio. Questa tecnica di lavorazione è verosimile e coerente con il contesto storico-geografico, in quanto è piuttosto simile al procedimento utilizzato da altre popolazioni precolombiane per realizzare asce e statue di pietra. Secondo alcune leggende locali, chi realizzò le petrosfere conosceva una tecnica grazie alla quale era possibile ammorbidire la roccia, consentendo di plasmarla e modellarla a piacimento. Racconti e credenze simili si ritrovano anche in Perù, a proposito della costruzione della fortezza di Sacsayhuamán o Sacsaihuaman (in lingua quechua, Saksaq Waman) e delle mura ciclopiche di Cuzco. Secondo tali racconti, per la costruzione di queste possenti strutture fu utilizzato un particolare liquido ottenuto da specifiche piante, in grado di ammorbidire la roccia, così da poterla sagomare e modellare. È un assoluto mistero anche la funzione svolta da questi reperti e cosa rappresentassero, anche perché la maggior parte di essi non si trova più nella posizione originaria. Inizialmente, qualcuno ha pensato che fossero il risultato di un processo di erosione naturale ma l’estrema regolarità della loro forma e la grande precisione con cui sono stati sagomati, hanno ben presto convinto gli studiosi dell’infondatezza di tale ipotesi. Alcuni ricercatori ipotizzano che siano rappresentazioni del Sole e della Luna o dei pianeti allora conosciuti oppure di stelle, più precisamente di costellazioni o sistemi stellari. Altri studiosi ritengono possano essere vere e proprie mappe astronomiche ante litteram, altri ancora simboli religiosi o un’antica forma di linguaggio codificato. Vi è addirittura chi ha suggerito la possibilità che siano una rappresentazione essenziale di oggetti volanti sferici provenienti da altri mondi, vere e proprie astronavi extraterrestri, quindi, o accumulatori di energia tellurica (!); ovviamente, si tratta solo di fantasie, totalmente prive di fondamento scientifico. I primi studi seri sulle petrosfere risalgono invece al 1940, ad opera di Samuel Kirkland Lothrop (1892 – 1965), un archeologo e antropologo dell’Università di Harvard, che ne registrò circa 186, focalizzando la sua ricerca su quelle in granodiorite. Egli ipotizzò che questi manufatti fossero indicatori sociali o segnalatori di aree sacre, infatti alcuni di essi erano collocati ai lati delle rampe di accesso ai mound, collinette o tumuli di terra su cui si trovavano le case dei capi e degli sciamani, oppure direttamente sui mound, dove si celebravano rituali religiosi e cerimonie civili. Di estremo interesse sono anche le interpretazioni archeo-astronomiche, secondo cui questi reperti potrebbero essere stati originariamente allineati con stelle e costellazioni, tuttavia, benché tali interpretazioni siano indubbiamente suggestive, non vi è modo di verificarle sul campo, poiché, come si è detto, quasi tutte le sfere sono state purtroppo rimosse dalla loro collocazione originaria. Lo studioso russo Ivan Zapp ritiene che le sfere servissero per tracciare rotte marittime, in particolare per l’arcipelago delle isole Galapagos, l’Isola di Pasqua e persino Stonehenge (!) ma questa tesi non ha un riscontro oggettivo e non è suffragata da alcuna evidenza scientifica. Vi è anche una curiosa leggenda, secondo cui, al centro di ogni sfera, vi sia un chicco di caffè! Qualcuno, infine, ha pensato, dando libero sfogo alla propria fantasia, che il segreto delle sfere di pietra del Costa Rica fosse celato negli oscuri e misteriosi “libri delle profezie” ma anche questa è una supposizione priva di fondamento. Studi recenti suggeriscono che le sfere avessero funzioni differenti a seconda delle aree in cui si trovavano; le sfere più piccole, con un diametro di 20-40 centimetri, venivano verosimilmente collocate sui tumuli funerari, forse per indicare lo status sociale del defunto; altre, invece, pare svolgessero una funzione religiosa o magica. La scienza, grazie alla stratigrafia e al ritrovamento congiunto di reperti più facilmente databili, ad esempio attraverso la metodica di datazione radiometrica (al carbonio-14), è riuscita recentemente a svelare uno degli innumerevoli misteri che avvolgono queste stupefacenti sculture litiche, ossia la loro età, collocandone la costruzione in un periodo compreso tra il 600 d.C. e il 1000 d.C.
Purtroppo, molti di questi affascinanti reperti archeologici sono stati irrimediabilmente danneggiati dagli agenti atmosferici, fratturandosi e dividendosi talvolta in due, e dai cacciatori di tesori, che, credendoli erroneamente cavi, hanno tentato di perforarli o di farli saltare in aria utilizzando la dinamite, con la speranza di trovare al loro interno oggetti preziosi; altri sono stati utilizzati nei campi dagli agricoltori, rovinandosi con il tempo. Alcune petrosfere sono state persino portate fuori dal Costa Rica; negli U.S.A., ad esempio, vi sono due esemplari: uno si trova al museo della National Geographic Society, a Washington, l’altro in un cortile vicino al Museo Peabody di Archeologia ed Etnografia, presso l’Università di Harvard di Cambridge, nel Massachusetts.
Le sfere di pietra del Costa Rica rimangono un grande mistero archeologico; si può solo sperare che, con il progresso della scienza e della tecnologia, gli archeologi possano, in un prossimo futuro, disporre di strumenti sempre più sofisticati e di tecniche di indagine sempre più efficaci, con cui svelarne i tanti segreti e comprendere finalmente chi le ha realizzate, in che modo e perché.
Bibliografia.
- “Nuova Enciclopedia Universale Curcio – delle lettere, delle scienze, delle arti”. Armando Curcio Editore, 1968.
Sitografia.
- http://www.ilnavigatorecurioso.it/2014/12/27/lenigma-delle-sfere-precolombiane-del-costa-rica/
- www.visitcostarica.it/il-mistero-delle-sfere-di-pietra-precolombiane-del-costa-rica/
- mistero.me/misteri/archeologia-misteriosa/costa-rica-il-mistero-delle-sfere-pietra/
- xoomer.virgilio.it/silvano/misteri214.html
- https://www.nibiru2012.it/forum/ooparts/le-sfere-del-costarica.-122491.0.html