di Andrea Bonacchi
Alla Psicosintesi si ispirano molte persone in numerose nazioni per il loro lavoro di crescita personale, per l’impegno educativo, per la professione psicoterapeutica o di counseling.
La Psicosintesi è però qualcosa di più complesso e articolato di una corrente di pensiero e prassi psicologica; essa si manifesta e si esprime infatti a tre livelli:
1. “Psicosintesi come attitudine”, ovvero come aspirazione a realizzare livelli sempre più elevati di armonia e benessere in noi (a livello fisico, psichico, spirituale) e nelle nostre relazioni con gli altri, così come nelle relazioni tra gruppi e popoli. Scrive Assagioli nella Lettera ai direttori dei Centri e Istituti di Psicosintesi in Italia e nel Mondo, del 1967: “La Psicosintesi non è una dottrina, né una scuola di psicologia, né un metodo esclusivo di autorealizzazione, terapia o educazione. Può essere indicata (non uso “definita” perchè tutte le definizioni sono limitate e limitanti) soprattutto come un atteggiamento e una lenta conquista verso la integrazione e la sintesi in ogni campo, e soprattutto quelli su menzionati. Potrebbe essere chiamata un “movimento”, una “tendenza”, una “meta”.” Questa attitudine si può realizzare tramite un processo e un percorso personali.
2. La “psicosintesi di Roberto Assagioli“: un sistema complesso costituito da un insieme di concezioni, modelli, tecniche che Assagioli ha sviluppato per portare l’attitudine psicosintetica nella sua vita e che ha offerto ad altri come punto di riferimento per fare altrettanto. La “psicosintesi di Roberto Assagioli” resta, nel suo insieme, un sistema di concezioni e metodi con valore storico, di fondazione per una scuola di pensiero e di prassi psico-sociale.
3. “La Psicosintesi come scuola di pensiero”: la Psicosintesi, come insieme di principi e metodi per promuovere l’armonia e il benessere, collocandosi in una dimensione spazio-temporale non può che essere in evoluzione; e se questa evoluzione perdura negli anni dà luogo ad un percorso e allo stabilirsi di una “tradizione” o di più tradizioni tra loro più o meno strettamente imparentate. Questa evoluzione ha come anima insostituibile l’”attitudine psicosintetica” e come punto di partenza teorico-operativo la “psicosintesi di Roberto Assagioli”.
Se cogliamo il senso dell’attitudine psicosintetica ci rendiamo conto della naturale inclusività di questo approccio. La psicosintesi può integrare e utilizzare infatti tutte quelle concezioni e quelle tecniche che si constatano utili per produrre armonia e benessere ed è quindi per sua natura un sistema aperto, disponibile ad accogliere sviluppi, innovazioni, apporti da altre visioni psicologiche o da altre discipline. Del resto lo stesso Roberto Assagioli ha sviluppato la propria psicosintesi – divulgata con conferenze e scritti – proprio utilizzando questo spirito curioso, partecipe di ciò che la psicologia e le altre discipline andavano sviluppando di innovativo, e con animo consapevole di ciò che l’evoluzione culturale e spirituale sia occidentale che orientale aveva messo a disposizione del processo di armonizzazione e di accrescimento del benessere individuale e collettivo. Assagioli è stato il primo medico a laurearsi in Italia con una tesi sulla psicoanalisi, il primo italiano a iscriversi alla Società Internazionale di Psicoanalisi, uno dei fondatori della Società Italiana di Psicosomatica, promotore di iniziative e associazioni a scopo culturale e di avanzamento sociale (ad esempio l’associazione “Vece amica” per il sostegno psicologico attraverso il telefono) colonna portante della psicologia umanistica e transpersonale. Tutti coloro che si richiamano alla scuola di pensiero e alla tradizione psicosintetica possono contribuire a portare nuovi modelli, concezioni e tecniche per arricchirla, rinnovarla, ampliarla così da esprimere in modo sempre più efficace l’attitudine psicosintetica. Un aspetto cruciale riguarda come possa svolgersi da un punto di vista metodologico questa evoluzione: io sono convinto che arricchimenti e nuovi apporti debbano partire da una evidenza fondata sull’esperienza condivisa e non su opinioni astratte e teoriche. Inoltre il processo evolutivo non può stravolgere né l’attitudine di fondo psicosintetica né i principi basilari a fondamento della psicosintesi di Roberto Assagioli.
Al momento attuale mi pare che il pensiero psicosintetico abbia mosso davvero pochi passi dal nucleo originale individuato da Assagioli, pur essendo trascorsi quaranta anni dalla sua morte. Molto lavoro è stato fatto per approfondire o attuare quanto proposto da Assagioli ma molto poco è stato aggiunto in termini di nuovi nuclei organici di carattere teorico e metodologico. Percepisco la tendenza in molti psicosintetisti del tempo presente, di tradire “l’attitudine psicosintetica” di Roberto Assagioli che per formare il suo sistema è stato un uomo aperto, inclusivo, curioso di tutti gli apporti culturali, scientifici e spirituali del suo tempo e del passato. Mi pare di osservare invece oggi nella scuola psicosintetica un ripiegamento su sé stessi e una chiusura in una ripetizione autoreferenziale di modelli e concezioni che peraltro, a volte, sembra che non siano chiari nemmeno agli stessi Psicosintetisti. Spero che in futuro potremo avere più sicurezza nella conoscenza e nella comprensione del nostro modello di riferimento e con questa sicurezza aprirci di più al mondo culturale, scientifico, istituzionale che ci circonda per un rinnovato dialogo e integrazione.
Ecco allora l’urgenza di dare nuovo impulso all’attuazione dell’inclusività, una delle qualità più belle della psicosintesi, che rischiamo di perdere nella prassi.
E veniamo adesso ad alcune brevi riflessioni su uno dei rischi più concreti che corre chi si avvicina alla psicosintesi: la dispersione.
È possibile osservare tra coloro che hanno studiato e praticato la psicosintesi una certa variabilità di concezioni, punti di vista, approcci metodologici. Molti poi usano metodi e tecniche della psicosintesi integrandoli con altre teorie e pratiche psicologiche. Molti infine conservano l’esperienza psicosintetica nel loro bagaglio ma fluiscono verso altre concezioni psicologiche e psicoterapeutiche o, frequentemente, sviluppano proprie concezioni e prassi.
La grande ampiezza della visione psicosintetica e la potenziale eterogeneità applicativa a volte risulta essere una ricchezza di questo approccio ma a tratti ne può costituire un punto debole. Assagioli era ben consapevole di questo. Nell’intervista a Sam Keen, editor di Psychology Today, rilasciata pochi mesi prima di morire, Roberto Assagioli affermò infatti che: «il limite della psicosintesi è che non ha limiti».
La dispersione può essere un rischio anche nel lavoro di psicosintesi personale se si perdono di vista i punti qualificanti e fondamentali di questo lavoro e ci si disperde su aspetti periferici e non sostanziali. Il lavoro di psicosintesi personale consiste nel coltivare nella nostra persona, nella nostra personalità e nelle nostre relazioni armonia e benessere. Per fare questo la Psicosintesi come insieme di principi e metodi offre davvero molte, moltissime occasioni, stimoli, tecniche. E’ facile pertanto trovarsi a smarrire il filo conduttore nell’utilizzo delle tecniche (assaggiare una tecnica qua e una là, partire dalle tecniche e non dalle sfide della vita e del nostro percorso di crescita,…) o apprendere molte cose ma perdere di vista le comprensioni e le pratiche fondamentali in grado di farci fare un salto di qualità interiore e nelle relazioni.
La dispersione inoltre può essere un rischio nello sviluppo e nell’evoluzione del pensiero psicosintetico che invece di procedere in modo creativo e pragmatico può dissolversi in rigagnoli di stagnazione e marginalità. Questo accade ad esempio quando facciamo della Psicosintesi un contenitore aspecifico di molti pensieri, concezioni, metodi di crescita perdendo di vista i punti qualificanti e l’approccio di fondo. Una forma di dispersione è legata anche all’individualismo ed egocentrismo per cui spesso in Psicosintesi come insegnanti, educatori, psicoterapeuti si tende a sviluppare percorsi personali a scapito del confronto e del cammino collettivo.
Una nota personale: ciò che ho sperimentato in lunghi anni di allenamento alla psicosintesi personale e transpersonale mi torna ampiamente con quanto Assagioli ha detto e scritto; ho spesso la sensazione di essere tornato in un territorio dove un altro esploratore è stato prima e di ritrovarmi nei suoi appunti di viaggio. Per questo, per questa conferma nell’esperienza, la psicosintesi di Assagioli mi è un modello caro e rispettabile che insegno ad altri quindi non solo per il suo valore storico-culturale ma con convinzione profonda. Al tempo stesso spero di riuscire in linea di continuità con il lavoro di Assagioli a portare sviluppi creativi alla “psicosintesi come scuola di pensiero”. Non so se ci riuscirò ma è una sfida che in sintonia con “l’attitudine psicosintetica” non posso che cogliere.
AB, aprile 2015
Ringrazio Piero Marovelli per la revisione del testo ed i preziosi suggerimenti.