Ego, egocentrismo ed egoismo
Per poter offrire a noi stessi e a chi ci circonda un buono stato di benessere è molto importante attivare le nostre qualità latenti e sviluppare al meglio le nostre capacità e competenze; ma per accedere a livelli superiori di benessere e di espressione positiva di sé è necessario anche ridurre, sciogliere, depotenziare quelle parti di noi – quali atteggiamenti, credenze, modi di pensare, di sentire, di vedere, di rapportarci a noi stessi, al mondo e agli altri – che producono sofferenza. Siamo come barche a vela che per poter navigare hanno bisogno che le vele siano alzate e gonfiate dal vento e al tempo stesso che siano sciolte le cime che le tengono legate alle bitte del porto. Se anche le vele sono tese dal vento ma le cime non sono sciolte, la barca non può muoversi e resta anzi in tensione tra ciò che la sospinge in avanti e ciò che la tiene ferma. Così gli esseri umani possono vivere in uno stallo sofferente se sono spinti da belle qualità e competenze personali, ma non hanno sciolto alcuni limiti e problematiche caratteriali e comportamentali.
Uno dei limiti mentali e comportamentali di tutti gli esseri umani e uno dei maggiori ostacoli con cui ognuno di noi viene a confrontarsi, quando impegnato in un percorso di crescita orientato al benessere, è l’ego. L’ego è la parte di noi che si nutre del bene proprio disgiunto dal bene degli altri, dell’attenzione per sé a discapito dell’attenzione per gli altri, della cura di sé che trascura la cura degli altri, della fiducia in sé senza una pari fiducia negli altri. Tanto maggiormente sviluppato è il nostro ego, tanto minore è l’attenzione per tutto ciò che non riguarda noi stessi e tanto minore è il nostro interesse per gli altri e per il loro bene. In sostanza quindi l’ego è una tendenza del comportamento relazionale con a monte un modo di percepire le cose e se stessi.
L’ego è parte di ogni essere umano in quanto è mosso dagli istinti di autoconservazione e di autoaffermazione che tutte le persone hanno, in qualche misura. Quando la nostra vita, la nostra salute, i nostri progetti vengono minacciati e in generale quando sentiamo che qualcosa cui teniamo profondamente è a rischio, scatta in noi l’istinto di autoconservazione che attiva la tendenza egoica a proteggerci, a difenderci, a curarci di noi, centralizzando tutte le attenzioni su noi stessi e trascurando ciò che è altro da noi. Questo ci permette di comprendere come mai il nostro ego si accresce spontaneamente quando ci trovano in una fase della vita in cui ci sentiamo fragili e vulnerabili come l’infanzia, la vecchiaia o la malattia fisica e psichica. Anche l’istinto di autoaffermazione tende spontaneamente a incrementare il nostro ego in quanto ci porta ad accrescere l’espressione della nostra volontà e dei nostri desideri a scapito degli altri in una ottica competitiva piuttosto che collaborativa. Basandosi l’ego su aspetti istintuali comuni a ogni essere umano, tutti nasciamo con una tendenza egoica che poi potrà, in ciascun individuo, avere una forma più o meno spiccata in base alla costituzione individuale, al tipo di ambiente di vita e soprattutto in base all’educazione ricevuta. Se alcune circostanze di vita agiscono stimolando le tendenze egoiche ad accrescersi, al contrario un serio lavoro su noi stessi con apposite pratiche ed esercizi può portare a una riduzione del nostro ego e ad un equilibrio tra l’amore di sé e l’amore degli altri.
Vi sono situazioni, come l’egocentrismo e l’egoismo, nelle quali l’”ego” assume un ruolo dominante nella nostra personalità e nella nostra vita di relazione. L’ egocentrismo è quell’atteggiamento nel quale l’ego è principio ispiratore prevalente ma non assoluto di pensieri, atteggiamenti, comportamenti; resta presente la percezione degli altri ma è subordinata a quella dell’”io”. Le persone egocentriche possono vedere e riconoscere quindi i pensieri, le emozioni, i bisogni, i valori degli altri ma le proprie idee, reazioni emotive e valori vengono percepiti come prioritari e centrali. Lo psichiatra Roberto Assagioli ha scritto in proposito nel suo libro “L’atto di volontà”: “Tale atteggiamento è un errore fondamentale di prospettiva, un vero modo di vedere “Tolemaico” piuttosto che “Copernicano””. La persona egocentrica tende a mettersi al centro della sua rappresentazione del mondo, con gli altri che gli ruotano intorno piuttosto che vedersi parte di un insieme, che si muove in una complessa rete di relazioni e interdipendenze.
L’egocentrismo è uno stile percettivo e cognitivo molto comune e che per essere modificato richiede un salto maturativo da compiere durante la vita attraverso un percorso educativo e auto trasformativo.
L’egocentrismo è particolarmente spiccato in quanti di noi hanno una parte della personalità sofferente in quanto strutturata intorno ad un nucleo di paura e di disagio (sub-personalità nevrotica). Le nostre parti sofferenti sono di per sé egoiche, ci portano cioè a concentrare su di esse tutte le nostre attenzioni e cure, tendendo spesso a farci trascurare le altre parti di noi e a fare scivolare gli altri, nella loro autentica presenza, sullo sfondo. Vale però la pena sottolineare che possono essere egocentriche persone ricche di qualità, sufficientemente adattate al loro contesto di vita e con una rete di relazioni sociali anche ampia.
L’ egoismo è quell’atteggiamento nel quale l’ego è fatto principio ispiratore assoluto, dirige atti, struttura pensieri, condiziona sentimenti in maniera così marcata che l’”io” viene a sovrapporsi all’ego e diventa quasi il proprio “dio”. In questa situazione gli altri vengono presi in considerazione solo marginalmente e per lo più come potenziali seguaci, strumenti di appagamento o adoratori del dio-ego. Potremmo dire che l’egoismo è l’estremizzazione di un atteggiamento egocentrico. L’egoismo è una delle principali caratteristiche degli individui che hanno una personalità improntata da una componente (sub-personalità) narcisistica forte e prevalente. Non dobbiamo però dimenticare che egoismo ed egocentrismo, due diverse misure dell’iperespressione della tendenza egoica, non sono sinonimi di narcisismo in quanto possono essere profondamente egoiche anche persone con altri disturbi di personalità quali il disturbo ansioso, ansioso-ossessivo o depressivo. Ogni forma di sofferenza infatti tende ad indurre una accentuazione delle tendenze egoiche.
L’espressione dell’”ego” in noi e nelle nostre relazioni può essere causa di molte sofferenze e violenze. Scrive in proposito Roberto Assagioli nel suo libro “L’atto di volontà”: “[l’ego] è inevitabile che si scontri con ostacoli che ne bloccano la gratificazione, provocando aggressività e violenza, e la volontà di distruggere qualunque cosa interferisca con il raggiungimento del fine desiderato.” L’esercizio del potere può fondarsi su un principio di amore equilibrato per noi stessi e per gli altri o su un principio egoico e in questo secondo caso possiamo ben osservare, nelle nostre vite personali o nella dimensione collettiva e politica, quante sopraffazioni e sofferenze si possono produrre.
Esiste il “sano egoismo”?
Molte volte sentiamo parlare di “sano egoismo”. Talvolta ne
parlano persone consapevolmente egocentriche in un tentativo di
autogiustificazione del proprio modo di essere. Più spesso ne parlano persone
che faticano ad affermare i propri punti di vista, i propri valori e
soprattutto i propri bisogni, nelle loro relazioni personali. Per loro arrivare
a pensare e fare qualcosa per sé, trovare spazi di affermazione propri, è un
risultato salutare, riuscire a ridimensionare il peso delle aspettative degli
altri è una conquista. Ma in questi casi sarebbe più opportuno parlare di un
sano “amore per sé stessi” che si fa spazio a spese di una compulsione a
pensare e a curarsi degli altri. L’egoismo in quanto tale non è infatti mai di
per sé salutare; sarebbe come avere un infortunio sul lavoro “salutare” o
ricevere un “sano” cazzotto nei denti; di per sé questi non sono eventi
salutari anche se, a volte, nella vita anche da eventi di per sé negativi possono
scaturire spinte a progressioni nel nostro percorso di crescita.
Uno sbilanciamento nell’attenzione ai bisogni degli altri e nella cura degli
altri non trova quindi compensazione in un “sano egoismo” ma si supera andando
verso una situazione in cui sono presenti insieme ed in misura equilibrata
amore per sé stessi e amore per l’altro da sé. Molto prima della scienza
psicologica sono arrivate a questa stessa constatazione alcune millenarie
tradizioni spirituali. Durante un’intervista fu chiesto al Dalai Lama come mai
nei suoi insegnamenti e più in generale negli insegnamenti del buddhismo
tibetano si parlasse molto di amore nelle diverse forme – di amore
altruistico, compassione, amore gioioso, equanimità – ma poco di amore per se
stessi. Il Dalai Lama rispose che, quando parla di amore, egli intende sempre
un amore al tempo stesso per sé stessi e per gli altri: perché quando si parla
di amore per sé stessi senza includere gli altri non è vero amore e lo stesso
quando ci si impegna ad amare gli altri senza fare altrettanto con noi stessi.
Anche la spiritualità cristiana, che permea la nostra cultura europea, ha come
fondamento un comandamento incentrato sull’amore; rispondendo alla domanda
rivoltagli sul primo dei comandamenti, Gesù disse infatti (Mc 12,29-31): «Il primo è: “Ascolta, Israele. Il Signore Dio nostro è l’unico
Signore; amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la
tua mente e con tutta la tua forza”. E il secondo è questo: “Amerai il prossimo
tuo come te stesso”. Non c’è altro comandamento più importante di questo.»
Ecco quindi che anche nella matrice spirituale cristiana troviamo l’amore per
noi stessi indissolubilmente legato a quello per gli altri.
Possiamo ridurre e trasformare il nostro ego?
Chiunque aspiri ad un maggior grado
di benessere individuale e collettivo, e sia impegnato in un percorso
finalizzato a concretizzare tale scopo, non può prescindere dal lavorare sul
proprio ego, riducendone l’influenza nella propria vita e coltivando un punto
di vista e un atteggiamento improntati ad un amore e ad una attenzione nelle
quali “io” e “tu”, “io” e “altro” siano tenuti parimenti presenti.
È importante sottolineare che,
perché una persona possa sviluppare uno stato di più profonda comprensione
degli altri e un orientamento a perseguire il bene comune, non è sufficiente
volere bene, amare gli altri, ma è altrettanto necessario rinunciare
all’egocentrismo. Scrive in proposito Assagioli: «Sfortunatamente l’amore
personale non crea di per sé, come molti hanno tendenza a credere, la
comprensione reciproca. Spesso si può osservare il triste spettacolo di persone
che si vogliono molto bene, ma che non sanno capire o apprezzare le esigenze
vitali dell’altro e così si causano reciprocamente grande sofferenza. L’eliminazione
dell’egocentrismo e dell’incomprensione – generalmente essi sono collegati –
richiede un approccio complesso e sapiente. Per prima cosa richiede la volontà
di capire. Questa, a sua volta, richiede l’intenzione di capire e anche la
rinuncia all’egocentrismo che ostacola la comprensione degli altri. » È esperienza comune che a volte persone animate da un
profondo e benevolo desiderio di essere di aiuto, risultano inutili o perfino
dannose perché il loro adoperarsi non nasce da una attenzione empatica ai sentimenti
e ai bisogni degli altri. Ecco quindi che il lavoro sulla capacità di amare va
di pari passo con quello sull’egocentrismo e non può in alcuna misura
sostituirlo.
La motivazione a lavorare sul
proprio ego e verso un bene comune non è soltanto legata ad una “spinta del
cuore”. Vi è anche un fondamento di ragionevolezza; se infatti ad una prima
impressione può sembrarci che il bene personale derivi dalla gratificazione
delle spinte egoiche, in realtà allargando la nostra consapevolezza ci possiamo
rendere conto che un benessere individuale anche maggiore e più durevole ci può
derivare dal perseguire il bene comune, dal vivere con un amore ed
un’attenzione ripartiti tra noi e gli altri in modo equilibrato.
L’egocentrismo è uno stile percettivo e cognitivo che tutti, in qualche misura, abbiamo innato e che, per essere modificato, richiede un salto maturativo da compiere durante la vita attraverso un percorso educativo e auto trasformativo. Ci possiamo chiedere a questo punto come fare concretamente per poter ridimensionare il nostro ego. Disponiamo in tal senso di diversi strumenti e tecniche e ciascuno può trovare le pratiche personali più congeniali da portare avanti nel tempo. Libri, corsi, insegnanti, rappresentano strumenti validissimi per sperimentare e imparare queste tecniche, Qui, in conclusione di questo scritto introduttivo, mi soffermo soltanto brevemente su dieci atteggiamenti di fondo cui portare l’attenzione e su cui esercitarsi per depotenziare le nostre tendenze egoiche:
Dieci atteggiamenti da coltivare per ridurre il nostro egocentrismo
Riconoscere l’esistenza dell’”altro da noi” con i suoi modi di essere, di vedere le cose, di aspirare al benessere, con i propri bisogni, la propria storia, le proprie credenze.
Ascoltare gli altri in modo silenzioso, accogliente, recettivointerrompendo l’istintivo desiderio di pronunciare le parole “io…”, “anche io…”, “io invece…”.
Empatizzare. L’empatia è la capacità di guardare il mondo e le cose con gli occhi di un’altra persona. Tanto maggiore è la nostra empatia verso una persona tanto più siamo in grado di immedesimarci nei suoi sentimenti, emozioni, pensieri, punti di vista, valori, bisogni e desideri, sensazioni.
Rispettare ciò che è altro da noi a cominciare dalle persone, dagli animali, dalle cose, dai luoghi che ci circondano, dalle leggi e dalle regole utili alla convivenza sociale pacifica. Il rispetto è il minimo di amore e di benevolenza che ci è richiesto per noi stessi e per gli altri.
Ogni giorno la vita ci pone molte occasioni per riconoscere e rispettare la presenza di ciò che è altro da noi.
Relativizzare e cambiare il nostro punto di vista. Spesso ci capita di avere la sensazione che il nostro modo di vedere le cose coincida con la corretta interpretazione della realtà. Quando abbiamo una opinione su qualcosa è importante renderci conto che non si tratta della “verità” ma solo del nostro punto di vista. E per quanto il nostro punto di vista possa essere verificabile e condivisibile da altri resta comunque espressione di propri modi di sentire, di pensare e di credenze personali. È importante sapere relativizzare il nostro punto di vista anche rispetto a noi stessi, prendere coscienza che i giudizi, le idee e le convinzioni nel tempo cambiano. A volte ci identifichiamo profondamente con idee e convinzioni diventando categorici e mostrando una grande difficoltà a cambiare giudizi e opinioni. Ma le persone più sagge ricordano di avere cambiato nel corso della vita idea non solo su questioni secondarie ma anche su questioni importanti; cercano di mantenere una elasticità di giudizio e di prendersi non troppo sul serio.
Ridere di noi e dei nostri difetti. Come sono belle e piacevoli le persone che sanno ridere di sé stesse con leggerezza ed ironia e che sorridono amorevolmente dei propri limiti e difetti quando gli altri glieli fanno notare!
Mediare. La mediazione, nei rapporti con gli altri, consiste nel trovare punti di incontro pratici e propositivi partendo da punti di vista diversi. Mediare significa aprirsi ad una convergenza che va oltre il vantaggio strettamente personale o la realizzazione di un proprio bisogno o desiderio per integrare in una visione e in una soluzione più ampie anche il riconoscimento e la gratificazione dei bisogni dell’altro.
Ringraziare: Ringraziare ci permette di apprezzare la bontà degli altri e la propria; avere qualcosa o qualcuno da ringraziare ci fa sentire quindi prima di tutto amati, ci ricorda che al di fuori di noi stessi c’è qualcuno che ci vuole bene e vuole il nostro bene. Ci pone inoltre la sfida di una reciprocità dell’amore che può iniziare proprio dalla gratitudine. La gratitudine, facendoci riconoscere ogni atto di amore nei nostri confronti come un dono di cui “rendere grazie”, ci distoglie anche dalla pretesa egocentrica, in cui a volte cadiamo, che l’amore degli altri, in particolare di alcune persone per noi significative e amate, ci sia dovuto.
La gratitudine ci consente poi di riconoscere i nostri limiti, le nostre fragilità, la nostra non autosufficienza, il nostro bisogno di essere aiutati, accompagnati, sostenuti. Ci permette quindi di non dover mostrare o fingere una forza, una bravura, un valore che non abbiamo realmente, mentre ci aiuta a sviluppare quella forza autentica che deriva dall’essere umilmente ma amorevolmente e costruttivamente consapevoli dei nostri limiti.
Vedere le cose con sguardo profondo. L’ego è un errore di percezione che superiamo quando impariamo a guardare noi stessi e gli altri in profondità; allora cogliamo la nostra interconnessione e similitudine profonda con tutti gli esseri umani.
Mettersi a servizio degli altri con spirito di benevolenza e di cura. L’ego si supera veramente quando, senza perdere di vista il rispetto e l’amore per noi stessi, arricchiamo la nostra vita con azioni concrete che esprimono amore per gli altri.
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