PSICOTERAPIA E GUARIGIONE
di Andrea Bonacchi
LA GUARIGIONE COME PROCESSO
I concetti di salute, malattia e guarigione sono strettamente legati tra loro e dipendenti dal punto di vista in cui ci poniamo.
La parola “malattia”, indica una “anomalia fisica o psichica che fa soffrire un individuo”. Le manifestazioni soggettive di malattia vengono chiamate “sintomi” mentre le manifestazioni oggettive sono dette “segni”.
Per molto tempo, nel campo della medicina, si è intesa la “salute” come l’“assenza di malattia” e delle relative manifestazioni. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha radicalmente modificato la prospettiva definendo nel 1948 la “salute” come uno “stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e non la semplice assenza di malattia o infermità”. E’ molto difficile però trovare persone che siano in uno stato di “completo” benessere al tempo stesso fisico, psichico e sociale. Si tratta chiaramente di una definizione dello stato ideale di salute, una situazione che costituisce un obiettivo da raggiungere, una meta cui tendere. Nella nostra esperienza quotidiana ognuno valuta la propria salute come ottima, buona, media o cattiva riferendosi, più che ad una condizione ideale, alla media della popolazione della stessa epoca, localizzazione geografica, collocazione socio-politica, dello stesso sesso, età ecc. Criteri di valutazione molto importanti sono anche la propria storia, la percezione soggettiva, le convinzioni e le aspettative personali.
Nella professione medica, dove si continua solitamente ad identificare la “salute” con l’“assenza di malattia”, la guarigione corrisponde alla scomparsa dei segni e dei sintomi di patologia e rappresenta pertanto un esito possibile del processo morboso, un obiettivo finale. Io credo che questa concezione si adegui alla professione di psicoterapeuta in modo meno efficace ed appropriato rispetto ad una concezione dinamica che vede la guarigione come processo (coerentemente con la definizione di salute dell’OMS). L’essere umano sperimenta essenzialmente quattro dimensioni della propria esistenza profondamente intercorrelate tra loro: (1) la dimensione fisica, corporea, (2) la dimensione psichica, (3) la dimensione sociale, relazionale e (4) quella spirituale. Il benessere di un individuo si esprime in ciascuna di queste aree e dipende da ciascuna di esse. In relazione alla propria situazione in ognuna delle dimensioni, proviamo un diverso grado di benessere globale (salute) che può andare dalla grande sofferenza al completo benessere e tra questi estremi si sviluppa una scala fatta di infinite sfumature lungo la quale ci possiamo muovere nel tempo sia in una direzione che nell’altra. In questa ottica la guarigione può essere concepita come un processo di avanzamento verso un completo benessere. Ogni passo avanti in tale processo comporta una riduzione della sofferenza. Ciascuno, in relazione alla propria situazione attuale, può compiere tale processo partendo da una sofferenza intollerabile, da una sofferenza meno grave e opprimente, da uno stato di relativo benessere e può porsi degli obiettivi intermedi e realistici. Ognuno cammina sul proprio sentiero di guarigione.
GLI OBIETTIVI DELLA PSICOTERAPIA
In ultima analisi ogni persona che decide di intraprendere una psicoterapia lo fa perché desidera essere più felice e confida nell’utilità, a tale scopo, di un lavoro su se stesso da svolgere insieme ad una figura professionale. Obiettivo ineluttabile di ogni psicoterapia è quindi un maggior grado di benessere del paziente che si viene a realizzare principalmente attraverso due modalità: (1) risoluzione o miglioramento della sintomatologia e (2) sviluppo di una personalità matura ed efficace; uso qui i termini “personalità matura ed efficace” per indicare l’insieme di qualità e capacità di un individuo che gli permettono di esprimere sé stesso e le proprie potenzialità, di riconoscere e di gratificare i propri bisogni, di riconoscere e di spendersi per i propri valori e significati.
In alcuni casi è sufficiente un lavoro mirato con specifiche tecniche alla risoluzione di particolari sintomi. Nella maggior parte dei casi invece il cuore della psicoterapia è costituito da un lavoro sulla personalità, ovvero sulla modalità di esistere e di funzionare a livello psichico specifica di un individuo, da cui scaturisce un miglioramento secondario della sintomatologia e del senso generale di benessere.
Aspetti che rendono una personalità matura ed efficace sono ad esempio:
– una buona conoscenza di sé stessi, del mondo, della vita
– una rappresentazione lucida ed efficace di sé stessi e della propria storia
– un senso di identità chiaro e stabile
– la capacità di soddisfare i propri bisogni e di gestire i propri desideri
– la capacità di dirigere le proprie energie (aggressive, sessuali etc.)
– un certo grado di padronanza sulle proprie funzioni psichiche
– la capacità di gestire i propri conflitti e di effettuare scelte
– un senso di libertà e di responsabilità
– forza per affrontare le difficoltà e le sofferenze, capacità di accogliere e accettare i dolori, i limiti ed i misteri della vita
– un significato della vita che dia senso all’esserci
– un chiaro sistema di valori di riferimento
– la presenza di qualità personali quali: autostima, fiducia, creatività, sensibilità, gentilezza etc.
– una base affettiva stabile
– capacità di stabilire e mantenere relazioni interpersonali significative e soddisfacenti
– un efficace stile comunicativo
– la capacità di riconoscere e gestire le proprie paure
Nella mia esperienza di vita e di lavoro ho potuto constatare anche quanto un solido radicamento spirituale, una convinzione transpersonale matura e non superficiale, possano esser fonte di gioia, serenità e pace e quanto possano influenzare positivamente la capacità di accettare e contenere il dolore. La dimensione spirituale diventa però risorsa di benessere in particolare per quelle persone che hanno già di base una personalità matura ed efficace.
In psicoterapia, un primo aspetto fondamentale del lavoro col paziente consiste nel cogliere i sintomi, le manifestazioni della sua sofferenza per poterli accogliere e per poter arrivare insieme, gradualmente, attraverso essi alla comprensione delle “ferite” psichiche che in momenti passati hanno inciso sul processo di maturazione della personalità e al riconoscimento degli eventuali meccanismi di difesa allora adottati e poi utilizzati successivamente in modo rigido e ripetitivo. Questa parte del lavoro psicoterapeutico consente di riconoscere e analizzare le manifestazioni e le radici degli aspetti nevrotici della personalità.
Un secondo aspetto fondamentale del lavoro col paziente consiste nel confrontare le caratteristiche psicodinamiche del paziente con gli aspetti ritenuti propri di una personalità matura ed efficace. Declinando, analizzando nel singolo paziente, gli aspetti sopra esemplificati emergono sia risorse e limiti del momento presente sia qualità potenziali da sviluppare. Ciò dà la possibilità di elaborare un progetto terapeutico e chiarisce una direzione lungo la quale accompagnare il paziente nel suo percorso di guarigione e di crescita.
In Psicosintesi viene definito “modello ideale” il modello di ciò che un individuo può diventare; tale modello ognuno può crearlo nella propria mente tenendo conto dei propri bisogni, delle risorse e dei limiti personali, delle qualità che desidera sviluppare. Il “modello ideale” viene utilizzato come tecnica di trasformazione e crescita in quanto, come scrive Piero Ferrucci 1, si basa sul principio secondo il quale “immaginando chiaramente una possibilità ne rendiamo più facile la realizzazione”. E’una tecnica che può essere usata anche in certe fasi della psicoterapia; si tratta però solitamente di fasi avanzate. Non si può infatti elaborare un “modello ideale” di sé stessi fintanto che non si sia raggiunta una buona comprensione dei propri bisogni reali, delle proprie risorse e dei limiti e non si cominci a formare una idea di quelle qualità che si desidera sviluppare e che sono realisticamente raggiungibili. Solitamente un paziente ad inizio terapia non è quindi nelle condizioni di elaborare un proprio “modello ideale” ma questa funzione può essere temporaneamente vicariata dal terapeuta. Il terapeuta infatti è in grado di coltivare l’immagine di ciò che il paziente può diventare (in quanto possiede un’idea generale di ciò che rende una personalità matura ed efficace), immagine che ancora il paziente non riesce a vedere, e può pertanto evocare e favorire una trasformazione in tal senso.
E’ necessario portare l’attenzione sul fatto che come le immagini di noi stessi o di un paziente possono evocare e stimolare una trasformazione positiva così possono bloccare o ritardare la crescita. Questo ultimo caso si verifica ad esempio quando tendiamo a identificare in modo eccessivo un individuo con i suoi limiti, con le sue parti difettuali, con i suoi sintomi; non possiamo evocare o sostenere nel paziente quelle trasformazioni nelle quali non crediamo. Per esprimere questo concetto la psicoterapeuta Nives Favero 2 usa la metafora di un bambino e dei suoi genitori: arriva una età in cui i genitori intuiscono da alcuni atteggiamenti e movimenti che loro figlio potrà presto imparare a camminare. E’ allora che cominciano a sostenerlo perché possa fare i primi passi. Il bambino non sa ancora cosa vuol dire camminare ma grazie all’aiuto dei genitori lo sperimenta. Poi prende confidenza e impara a muovere alcuni passi. Ad un certo punto i genitori intuiscono che potrebbe avvicinarsi il momento in cui potrà camminare da solo e allora sono lì a tendergli le braccia giorno dopo giorno finché arriva il momento in cui il bambino lascia l’appoggio e fa uno o più passi verso di loro. Il bambino non sa esattamente quando potrà farlo e cosa accadrà esattamente ma risente dell’incoraggiamento dei genitori e compie il passo. Molto bella è anche la sensazione che se cadrà, se ancora non ce la farà, ci sarà qualcuno a sostenerlo, e a consolarlo se si farà male. Il bambino per il quale i genitori non colgono e sostengono i salti evolutivi li compirà più tardi e con maggiori difficoltà.
Il terapeuta è quindi portatore, nella relazione col paziente, di un “senso della direzione” del processo di guarigione.
I FATTORI DI GUARIGIONE IN CORSO DI PSICOTERAPIA
Frequentemente mi chiedo quali siano i fattori che nel corso di in una psicoterapia favoriscono il processo di guarigione; credo infatti sia molto importante individuarli per poterli utilizzare consapevolmente.
Al momento ritengo siano quattro i fattori fondamentali del processo di guarigione durante psicoterapia: (1) il paziente, (2) lo psicoterapeuta, (3) la relazione terapeutica, (4) la vita.
Il paziente
Il soggetto che intraprende una psicoterapia come paziente è il vero e principale protagonista del proprio processo di guarigione. Il paziente è portatore di elementi che hanno un ruolo cruciale nel processo psicoterapeutico quali:
– Capacità di osservazione, analisi e riflessione
– Motivazione e fiducia: è importante che il paziente possegga un personale e autonomo desiderio di cambiamento e la fiducia di potervi riuscire. Essi rappresentano un componente essenziale del motore che spinge il processo psicoterapeutico.
– Senso di autonomia e responsabilità : noi non scegliamo il luogo né l’epoca della nostra nascita, non scegliamo i nostri genitori, la nostra famiglia, il tipo di educazione che riceviamo, non scegliamo i lutti che ci colpiscono. Sono questi esempi di elementi della nostra vita che non possiamo scegliere e che rappresentano pertanto nel nostro percorso esistenziale dei vincoli. Di fronte a questi vincoli può però variare la nostra percezione soggettiva: ci possiamo sentire dominati, determinati, controllati dagli eventi vincolanti della vita oppure possiamo percepire il senso di libertà e autonomia che comunque conserviamo in ogni situazione e che ci permette di costruire, e non subire, la nostra esistenza tenendo conto dei vincoli presenti. L’assunzione dell’uno o dell’altro punto di vista condiziona pesantemente le nostre possibilità di guarigione e crescita. Sentirsi liberi di potere scegliere comporta da un lato la possibilità di un cambiamento e dall’altro l’assunzione delle responsabilità delle proprie scelte.
Nel 1938 lo psichiatra italiano Roberto Assagioli, fondatore della Psicosintesi, trascorse un periodo di prigionia nelle carceri fasciste a causa delle sue idee pacifiste ed internazionaliste. Successivamente ha annotato alcune riflessioni su questo periodo in uno scritto dal titolo Libertà in prigione. Scrive Assagioli 3:
Capii che ero libero di assumere uno fra molti atteggiamenti nei confronti di questa situazione, che potevo darle il valore che volevo io, e che stava a me decidere in che modo utilizzarla. Potevo ribellarmi internamente ed imprecare; oppure potevo rassegnarmi passivamente e vegetare; potevo lasciarmi andare ad un atteggiamento malsano di autocompatimento e assumere un ruolo di martire; potevo affrontare la situazione con un atteggiamento sportivo e con senso dell’umorismo, considerandola un’esperienza interessante (quella che i tedeschi chiamano erlebnis). Potevo trasformare questo periodo in una fase di riposo, in un’occasione per riflettere tanto sulla mia situazione personale, considerando la vita vissuta fino ad allora, quanto su problemi scientifici e filosofici; oppure potevo approfittare della situazione per fare un allenamento psicologico di qualche genere; infine potevo farne un ritiro spirituale. Ebbi la percezione chiara che l’atteggiamento che avrei preso era interamente una decisione mia: che toccava a me scegliere uno o molti tra questi atteggiamenti e attività; che questa scelta avrebbe avuto determinati effetti, che potevo prevedere e dei quali ero pienamente responsabile. Non avevo dubbi su questa libertà essenziale e su questa facoltà e sui privilegi e le responsabilità che ne derivavano.
– Plasticità : la plasticità è la capacità di andare in contro a trasformazioni della propria personalità. E’ tanto maggiore quanto minore è l’attaccamento alle identificazioni (con il passato, con un ruolo, con una subpersonalità, con uno stile relazionale etc.) e quanto maggiore è la capacità di rinunciare a eventuali vantaggi secondari di una situazione psicopatologica. Per essere plastici e lasciarsi andare nel processo di trasformazione è necessario inoltre vincere la paura del passaggio da una forma esistenziale ed un assetto psico-relazionale noti e familiari a forme e assetti nuovi e spesso sconosciuti.
Tutte le qualità del paziente ed in particolare quelle appena viste sono importanti ai fini del processo di guarigione. Nella letteratura scientifica vi sono alcune interessanti indicazioni che suggerirebbero che i pazienti più sani (ovvero coloro che hanno più qualità di partenza) sono quelli che traggono dalla terapia maggior vantaggio e beneficio rispetto a quelli più gravemente malati (Luborsky et al., 1980). Come afferma Glenn O. Gabbard: “il ricco diventa più ricco” 4.
Lo psicoterapeuta
Io credo che siano essenzialmente quattro gli aspetti attraverso i quali uno psicoterapeuta può influenzare il processo di guarigione in corso di psicoterapia: (1) il proprio livello di crescita e maturità e le qualità personali, (2) preparazione teorica e competenza operativa, (3) una buona disposizione terapeutica, (4) un sincero amore per la vita.
Il proprio livello di crescita e maturità e le qualità personali rappresentano la prima risorsa che lo psicoterapeuta mette a disposizione del paziente. Infatti una fondamentale modalità attraverso la quale si realizza il processo di trasformazione in corso di psicoterapia è implicita e inapparente e ha luogo in modo spesso inconsapevole; consiste nella introiezione progressiva, durante il percorso terapeutico, da parte del paziente di qualità del terapeuta e della relazione. Il paziente, seduta dopo seduta, osserva, sperimenta e apprende le modalità del terapeuta di vedere e rapportarsi a sé stesso, agli altri, al mondo. Attraverso il modo di essere e quindi di agire (e reagire) e di comunicare del terapeuta, il paziente apprende quelle qualità umane che nel terapeuta guidano e orientano i comportamenti. Credo sia qualcosa di simile a quanto avviene con l’introiezione da parte del bambino di qualità e più in generale di caratteristiche psicodinamiche delle figure di riferimento e quindi in particolar modo dei genitori. Il paziente introietta soprattutto quelle qualità di cui è carente, di cui sente il bisogno e di cui sperimenta l’utilità nella palestra della vita.
Questa modalità del paziente di andare in contro a trasformazione nel corso della terapia richiede che lo psicoterapeuta abbia una personalità matura e armonica.
La preparazione teorica e la competenza operativa sono alla base del lavoro esplicito e consapevole che si svolge nel corso delle sedute. Tale lavoro mira in primo luogo ad ottenere per il paziente risultati specifici come ad esempio una buona conoscenza di sé stesso, del mondo e della vita, una rappresentazione lucida ed efficace di se sé stesso e della propria storia, un senso di identità chiaro e stabile un certo grado di padronanza sulle proprie funzioni psichiche e la capacità di gestire i propri conflitti e di effettuare scelte. Questo lavoro mira in secondo luogo all’apprendimento di una modalità di funzionamento psichico che permetta al paziente, dopo il termine della terapia, di continuare autonomamente un processo di mantenimento e consolidamento delle acquisizioni e un ulteriore processo di crescita. Questo secondo aspetto lo possiamo definire come la creazione di uno “psicoterapeuta interiore”.
Esiste oggi un gran numero di scuole e orientamenti psicoterapeutici diversi con principi teorici e approcci tecnico-operativi molto dissimili. Nonostante questo un numero sempre crescente di autori sostiene che ai fini degli esiti della terapia contino non tanto le teorie di riferimento o gli aspetti metodologici adottanti quanto la personalità e le qualità del terapeuta. Accurate indagini scientifiche realizzate da Fiedler (1960), da Heine (1973), e successivamente da altri autori, sembrano supportare questa opinione ed hanno permesso a Wolman di affermare che: “I risultati favorevoli della psicoterapia dipendono meno dal quadro di riferimento teorico dello psicoterapeuta che dalle sue caratteristiche di personalità, dalle sue capacità di empatia e dalla sua esperienza clinica” 5. Ecco allora che la varietà di scuole e orientamenti psicoterapeutici può essere vista come una risorsa a disposizione dei terapeuti perché possano trovare un approccio che corrisponda alle loro caratteristiche personali e permetta a ciascuno di lavorare nel modo più efficace possibile.
Più che la dimostrazione della superiorità di un metodo rispetto all’altro sembra importante il fatto che il metodo funzioni nelle mani del terapeuta che lo adotta e che sia a lui appropriato e congeniale.
Una buona disposizione terapeutica consiste nell’avere una tendenza ad essere a disposizione degli altri, ad aiutare, a sostenere, e nel volere sinceramente il bene degli altri.
Un sincero amore per la vita è indicato da alcuni anche come “biofilia”; con esso un terapeuta può “contagiare” un paziente ma solo a condizione di esserne lui stesso un “portatore sano” ovvero profondamente e autenticamente pervaso.
La relazione terapeutica
Come il paziente porta in terapia relazioni della vita passata e presente così porta nella vita presente e futura la sua relazione psicoterapeutica.
Attraverso gli aspetti transferali e controtransferali i vissuti dell’esperienza passata del paziente e del terapeuta irrompono nella relazione terapeutica attuale; si ripresentano e si rendono evidenti così modalità relazionali introiettate nel corso della vita e divenute pattern ripetuti successivamente più e più volte. La ripetizione durante la terapia di modalità comportamentali prima inconsce e perciò coatte diventa occasione per prenderne atto, per osservarle con un certo distacco e infine per affrancarvisi.
Nel corso di una psicoterapia si sperimentano anche aspetti specifici e attuali di ciascuna relazione terapeutica. Tali aspetti dipendono dal paziente, dal terapeuta, dal rapporto che si stabilisce tra loro e dal setting. Da questa relazione specifica della durata a volta di anni il paziente impara modalità relazionali nuove che, in parte consciamente ed in parte inconsciamente, utilizzerà nella vita attuale e futura. E’ importante osservare che il paziente introietta quindi non solo le qualità del terapeuta ma anche le qualità della relazione terapeutica.
La vita
Confrontarsi con la vita significa confrontarsi con una esperienza di continuo cambiamento.
Il nostro corpo fisico è in continua trasformazione e rinnovamento; ancora più evidenti sono i cambiamenti tumultuosi che hanno luogo nel nostro universo psichico. Tutto, in noi e intorno a noi, cambia e si trasforma e inevitabilmente i cambiamenti ci toccano e ci investono. Gli eventi della nostra vita possono condizionare a volte enormemente il nostro processo di crescita e di guarigione a volte sostenendolo e facilitandolo e a volte ostacolandolo o addirittura bloccandolo. I cambiamenti di un paziente che si sottopone a psicoterapia dipendono in misura variabile sia dalla psicoterapia stessa, sia da quanto avviene nella vita al di fuori della terapia. In un efficace percorso di guarigione i progressi sono spesso il risultato di un felice incontrarsi ed intrecciarsi di quanto accade in psicoterapia e di ciò che avviene nel resto della vita.
La vita è anche la sede dove si sperimentano e si misurano i cambiamenti maturati in terapia; in tal senso la terapia può essere vista come la palestra dove ci si allena per affrontare le gare della vita.
LA SOFFERENZA INDICA UNA STRADA DI GUARIGIONE
Nella vita ciascuno affronta le proprie esperienze, i propri dolori e cammina sul proprio sentiero di guarigione. Psicoterapeuta e paziente possono ricercare insieme la direzione che una crisi, una sofferenza psichica stanno indicando in quel momento.
A livello fisico uno specifico dolore ci indica il luogo dove si trova la malattia e ci aiuta a riconoscerla; ci fa portare l’attenzione su una parte dolente perché di essa ci si possa prendere cura e perché attraverso la cura di quella parte l’organismo possa guarire. A livello psichico avviene qualcosa di simile anche se talvolta tra la genesi della ferita e il momento in cui ce ne prendiamo cura è passato molto tempo, la malattia si è allargata, l’organismo si è spontaneamente difeso e si sono strutturati diversi livelli di disagio.
Nel percorso di guarigione il dolore non è sempre eludibile, anzi, per portare ad una crescita autentica, deve essere, prima o poi, affrontato ed attraversato. Infatti è proprio la sofferenza che percepiamo in un determinato momento che ci indica la strada da percorrere, in quel momento, per andare oltre.
LA GUARIGIONE AIUTA LA GUARIGIONE
In un percorso di guarigione le acquisizioni progressive diventano altrettante risorse utili per il proseguimento del cammino. Ogni energia di cui il paziente si riappropria diventa fattore di ulteriore dinamizzazione energetica. Ogni qualità sviluppata o potenziata diventa un mezzo in più attraverso il quale sviluppare altre qualità. Ogni passo verso l’autonomia rinsalda la convinzione di poter esser autonomi. Ogni parte di sé consapevolmente integrata permette di sperimentare un maggior senso di completezza, stabilità e coesione della personalità che a sua volta favorisce nuove integrazioni.
Le progressive acquisizioni rinforzano inoltre la fiducia nel processo di guarigione attivato e nelle proprie possibilità di portarlo avanti e sono fonte di gratificazione a fronte dei sacrifici che una psicoterapia richiede in termini di energie, tempo, denaro.
LA GUARIGIONE NON E’ UNA CANCELLAZIONE DELLE FERITE PSICOLOGICHE
Vi è tra i pazienti la diffusa convinzione che fare una psicoterapia condurrà a una scomparsa delle ferite psicologiche che portiamo in noi e del relativo dolore. In realtà nella maggior parte dei percorsi terapeutici questo non avviene o non avviene in modo radicale. La psicoterapia è infatti auspicabile che porti ad un riconoscimento delle nostre ferite psicologiche e della relativa sofferenza nonché delle modalità di difenderci da questa sofferenza che, se inefficaci, nel momento presente possono produrci ulteriore dolore e bloccare le nostre potenzialità realizzative ed evolutive. Attraverso la psicoterapia non possiamo cambiare le ferite che la nostra storia di vita ci ha portato; possiamo però intervenire efficacemente sul modo di difenderci dalla sofferenza di queste ferite e trovare modalità sempre più efficaci e mature. Possiamo anche, e soprattutto, sviluppare competenze e qualità che ci permettono di rendere la nostra personalità più matura, efficace, saggia e le consentono di crescere nonostante le ferite.
In questo modo in primo luogo ridimensioniamo le nostre ferite interiori perché intorno a queste ferite e alla sofferenza che portano impariamo a coltivare e ad accrescere le nostre parti sane e in grado di produrre benessere, armonia, realizzazione. Ecco allora che se il processo di guarigione non porta alla scomparsa delle ferite e del nucleo primario di sofferenza che le accompagna, esso può portare però alla trasformazione della personalità e alla sua relativa liberazione dai condizionamenti delle ferite che ne bloccano l’evoluzione e la crescita.
Inoltre se attraverso il nostro percorso di guarigione e di crescita sviluppiamo una personalità sempre più matura ed efficace essa avrà anche una crescente capacità di prendersi cura e di accudire la parte sofferente di noi e le nostre ferite profonde.
IL GUARITORE IN VIA DI GUARIGIONE
Lo psicoterapeuta, oltre che figura professionale che opera nel favorire e sostenere la guarigione delle persone che segue, è egli stesso, prima di tutto, un essere umano impegnato nel suo personale percorso di crescita e guarigione. In questo percorso è aiutato anche dai suoi stessi pazienti. Spesso in terapia emergono qualità del paziente, ricordi ed esperienze di “vita vissuta”, aneddoti. Da ogni paziente, anche dal più grave e compromesso un terapeuta può ricevere qualcosa di utile per la propria crescita personale.
Un terapeuta impara e cresce non soltanto attraverso le qualità e gli insegnamenti dei suoi pazienti ma altrettanto, e forse ancor più, attraverso i loro sintomi, le loro sofferenze e i loro limiti. Se una parte “malata” del paziente incontra una parte “sana” del terapeuta può avvenire la trasformazione psicoterapeutica. A volte però una parte “malata” del paziente incontra una parte del terapeuta altrettanto “malata”, fragile o comunque non del tutto “sanata”. Ad esempio una mancata fiducia del paziente in sé stesso può richiamare nel terapeuta una fiducia fragile; un timore del paziente a stare nella propria sofferenza può mettere in evidenza nel terapeuta una difficoltà a stare con il dolore. In questi casi possono presentarsi due possibilità:
(1) Il terapeuta non è consapevole di questa sua parte da sanare o, pur consapevole, non intende lavorarci sopra. In questo caso probabilmente non sarà di reale aiuto al suo paziente su questo aspetto. A volte poi vi può essere una collusione tra paziente e terapeuta sull’aspetto difettuale che può addirittura ostacolarne la trasformazione.
(2) Il terapeuta può cogliere la situazione come una occasione di crescita e maturazione personale e lavorare sulla sua parte difettuale emersa nella relazione col paziente. Se il terapeuta riesce a sanare questa parte, la può presentare elaborata e guarita al paziente favorendone, con questa restituzione, la guarigione.
Il terapeuta sarà meno efficace quando si troverà ad aiutare il suo paziente a guarire aspetti che lui stesso, in sé, non ha sanato; in questi casi infatti potrà mettere a servizio del cambiamento maturativo del paziente la propria tecnica psicoterapeutica ma non la propria personalità. Un paziente può aiutare un terapeuta a crescere, maturare e a guarire alcune parti di sé.
RIFLESSIONI CONCLUSIVE
Nel lavoro di psicoterapia vediamo continuamente arrivare persone che condivideranno con noi una parte del loro percorso di vita e, auspicabilmente, di guarigione e poi inevitabilmente le vediamo andare via. Alcuni pazienti restano in terapia per lunghi periodi, altri per brevi. Alcuni riescono a percorrere lunghi tratti sul percorso di guarigione altri soltanto tratti brevi.
Il percorso di guarigione è un continuo tendere ad un maggior benessere globale e ad una maggiore armonia della vita e pertanto ha una durata che abbraccia teoricamente l’intero arco di tempo dell’esistenza. Quando invece può dirsi conclusa una psicoterapia? Io penso che una psicoterapia possa dirsi conclusa quando il paziente è in grado di continuare da solo il proprio processo di guarigione, è pienamente consapevole di questa sua capacità e se ne assume la responsabilità.
Possiamo paragonare il terapeuta ad una guida alpina: la guida viene assunta dall’aspirante scalatore perché l’accompagni nel percorso verso la meta. La guida è al tempo stesso custode della fiducia che la meta è raggiungibile e competente nelle tecniche di scalata. Sostiene l’aspirante scalatore nei momenti di difficoltà, lo incoraggia nelle incertezze, gli insegna modi di essere e di agire utili in alcuni passaggi. Ad un certo punto del percorso ci si separa ed ognuno va per la sua strada; è auspicabile che questo avvenga quando l’aspirante scalatore ha imparato a salire da solo ed è sufficientemente esperto dei sentieri della vita.
Il paziente ed il terapeuta come lo scalatore e la guida sono compagni di strada, la guida è solo un po’ più avanti nel percorso.
Note
1 Piero Ferrucci Crescere Ed Astrolabio cap. 15.
2 Nives Favero, psicoterapeuta e didatta della S.I.P.T., comunicazione personale.
3 Piero Ferrucci Crescere Ed Astrolabio pp. 99-100.
4 Glen O. Gabbard Psichiatria psicodinamica Raffaello Cortina Editore p. 10
5 Piergiorgio Foglio Bonda Principi e tecniche di psicoterapia Franco Angeli ed. pp. 14 e 333
Bibliografia
Favero Nives, La relazione terapeutica in Psicosintesi – Tesi di specializzazione SIPT
Ferrucci Piero, Crescere – Ed Astrolabio
Foglio Bonda Piergiorgio, Principi e tecniche di psicoterapia – Franco Angeli
Gabbard Glen O. Psichiatria psicodinamica – Raffaello Cortina Editore
Luborsky L. et al. Evaluation of Psychologycal Therapies: Psychotherapies, Behavior Therapies,
Drug Therapies and their interactions. – John Hopkins University, Baltimore
Rosselli Massimo, Verso una Psicosintesi Clinica: Psicopatologia e processo di guarigione Rivista di Psicosintesi Terapeutica Anno I – Numero 1 pag. 48
Tallerini Antonio, Appunti manoscritti sul processo psicoterapeutico psicosintetico – SIPT Autunno 2004